Un aeroporto in centro città
#32 Mappe - Sudan 🇸🇩: da una decina di giorni in Sudan, il terzo Paese più esteso dell'Africa, si combatte. Il teatro di guerra è l'aeroporto di Khartoum, la capitale.
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Colpo di Stato
Non è solo la guerra, ma dove la guerra si sta combattendo.
Sabato 15 aprile il Sudan, il terzo Stato più esteso del continente africano e uno dei più fragili, è piombato in una guerra tra due fazioni dell’esercito.
Il Paese è indipendente dal 1956, e fino al 2019 è stato governato per trent’anni dal colonnello Omar Hasan Ahmad al-Bashir, che nel 1989 aveva preso le redini del potere con un colpo di Stato.
Finita questa lunghissima parentesi grazie a delle sommosse popolari che nel 2019 erano assetate di democrazia, ma che ancora non sono state accontentate, nel 2021 il Paese ha vissuto un nuovo colpo di Stato da parte del generale al-Burhan, che tutt’oggi guida il Sudan insieme al primo ministro Osman Hussein. L’istituzione di un Consiglio Sovrano composto da militari e civili in protesta avrebbe dovuto garantire una lenta transizione proprio verso un nuovo, agognato regime democratico: la transizione doveva avvenire nel 2022, la realtà è che i militari hanno posposto la data di scadenza dell’accordo.
La guerra nata poco più di dieci giorni vede scontrarsi l’esercito regolare comandato proprio da al-Burhan contro il gruppo paramilitare RFS (Rapid Support Forces), un esercito parallelo condotto dal vice-presidente Hemedti.
Una guerra di cui ancora non si può capire la portata e la possibile fine, come dice il giornalista Michele Farina nel podcast del Corriere della Sera. Una guerra in cui Cecilia Sala, nel suo podcast Stories, racconta come sia la dimensione cittadina dello scontro a rendere disastrosa la situazione.
La guerra nata il 15 aprile in Sudan si gioca infatti in città, in aeroporto.
Nel cuore di Khartoum
Per quanto appartenenti alla stessa matrice bellica, i due gruppi militari sono profondamente diversi. L’esercito regolare di Burhan ha avuto una formazione più tradizionale ed è strettamente legato ai nuclei familiari di Khartoum e delle altre città sudanesi.
Il gruppo RFS è invece decisamente più violento, perché composto nella sua maggioranza da bambini soldato - che fin da piccoli hanno conosciuto solo l’abbandono e la violenza - e da ragazzi, uomini provenienti da altri Paesi limitrofi e che quindi non hanno dei legami particolari con la popolazione sudanese. Inoltre, le RFS sono di fatto eredi della milizia dei ‘Janjaweed’, autori dei massacri più duri durante la guerra civile in Darfur negli anni Duemila.
Da qui si può capire perché sia principalmente da questa seconda matrice che si stanno verificando le scene più cruente in mezzo alla città, stupri, violenze inaudite: tutto irrimediabilmente all’ordine del giorno.
La violenza si sta scatenando proprio nel centro di Khartoum, dove le due fazioni sono assediate per vincere una partita al momento in totale parità. Questo perché l’epicentro della guerra è nell’aeroporto di Khartoum, che a differenza degli altri aeroporti di tutto il mondo si trova nel cuore della capitale.
Sta qui, anche qui la drammaticità degli eventi che si stanno susseguendo in Sudan. La dimensione urbana del conflitto sta innalzando rapidamente il numero di morti (già più di 400) e feriti - molti civili - ogni giorno che passa.
Il disaccordo politico tra al Burhan ed Hemedti sulle condizioni con cui sarebbe dovuta avvenire la transizione a un governo civile, ma anche su come integrare le RSF in un unico esercito sudanese, ha scatenato una guerra tale per cui decine di migliaia di persone non possono uscire di casa, o recarsi a fare la spesa.
Circa una settimana fa le due fazioni si erano accordate per una tregua di tre ore, per permettere ai civili di fare la spesa e per garantire dei corridoi umanitari attraverso cui la popolazione avrebbe potuto andarsene dalla capitale. La tregua è stata violata, probabilmente per una comunicazione ritardata e confusa verso le diverse forze di campo, con il risultato che diverse persone uscite di casa in centro a Khartoum sono morte, sotto una nuova pioggia di proiettili.
Gli interessi internazionali
Nella città di Kabkabiya sono rimasti uccisi tre membri del World Food Programme (WFP), un’agenzia ONU a scopo di assistenza alimentare. L’episodio ha portato l’agenzia a sospendere le attività in Paese, e allo stesso modo anche i principali Paesi internazionali stanno per ora a guardare.
Burhan è profondamente legato ai poteri di Egitto ed Etiopia, Hemedti invece all’Eritrea, che proprio nel recente passato ha vissuto momenti di altissima tensione con l’Etiopia. Hemedti è inoltre legato al gruppo Wagner, mercenari russi combattenti di cui sicuramente hai sentito parlare per la guerra in Ucraina, e che sono penetrati anche nel Paese africano.
Di Sudan ha parlato l’ONU, il Papa stesso, mentre Egitto, Sud Sudan, Kenya e il capo dell’Unione Africana Moussa Faki Mahamat si stanno mobilitando per scongiurare una guerra civile. Civile più che mai, proprio perché inserita nella capitale e nelle città sudanesi. Ma lo scontro è esistenziale e identitario per entrambe le fazioni.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Cose che ho letto e visto negli ultimi giorni che potrebbero interessarti: l’ISPI approfondisce le ragioni della guerra in Sudan, quello che aspetta Milano nel mese di maggio, un ritratto dei senzatetto per le strade di Roma, Federico Buffa e Ghemon - due dei migliori storyteller italiani - ospiti di Basement Cafè.
Il podcast da non perdere: Tintoria, il mio personalissimo podcast del momento. Il giusto equilibrio tra divertimento, cringe e ospiti super-interessanti.
Grazie e a presto!
Bello recuperare i numeri del passato di quando la newsletter non era ancora giustamente conosciuta come adesso 🙂