In fondo al pozzo
#65 Mappe - Guyana 🇬🇾: l'economia che cresce più rapidamente al mondo, grazie al petrolio. Con il precedente del Venezuela e l'orizzonte 2030.
Ciao!
Un nuovo lunedì - alle 8:04 - con una nuova puntata di Mappe, la newsletter che ti parla di storie, culture e persone. Un Paese alla volta.
Il titolo della puntata di oggi è un plagio bello e buono.
In fondo al pozzo è il titolo del primo fumetto realizzato da Zerocalcare su Internazionale per parlare di Ilaria Salis, ex-insegnante di scuola elementare e oggi neoeletta al Parlamento Europeo grazie alla candidatura - del cui opportunismo politico magari riparliamo in un altro momento - con Alleanza Verdi e Sinistra, il partito italiano uscito maggiormente vincitore dal weekend elettorale.
In mezzo ai due orizzonti temporali, Ilaria Salis è stata detenuta per quindici mesi a Budapest dopo essere stata accusata di aver partecipato ad alcuni attacchi antifascisti contro militanti di estrema destra in Ungheria.
La mediaticità della sua vicenda è esplosa con le immagini di catene e manette a cui era costretta durante il suo processo; la serie di fumetti di Zerocalcare è un ottimo modo per ripercorrere la storia del suo incarceramento e di come è stata raccontata in Italia, dalla politica e dai media.
Petrolio
Il plagio è più che mai calzante per parlare di uno dei Paesi più piccoli del Sudamerica, che da pochi anni ha scoperto - in fondo al proprio pozzo - una ricchezza dal valore inestimabile.
Una stima in realtà è già stata effettuata da World Bank, e la Guyana emerge come l’economia in più rapida crescita del XXI secolo.
Come è stato possibile, per un Paese con soli 700mila abitanti e al fianco di un colosso come il Brasile, raggiungere questo risultato?
Bisogna tornare al 2015 e alla scoperta del primo giacimento petrolifero nel Paese, poi denominato Liza-1. Da quella scoperta, la società petrolifera ExxonMobil e alcune compagnie locali hanno esplorato l’area circostante nota come Stabroek Block, individuando diversi giacimenti petroliferi e scavando fino a 18.000 piedi sotto il livello del mare.
Da quell’anno, il mondo per Guyana è cambiato totalmente.
Nel 2019 Guyana non registrava ancora delle esportazioni significative in campo petrolifero: la principale materia prima esportata era l’oro, come si vede da questo report. Dall’oro al petrolio: solo tre anni dopo, nel 2022, il petrolio ha rappresentato l’86% delle materie prime esportate dal Paese, per un valore complessivo di 16 miliardi di dollari.
Entro il 2028, un esponente di Business Monitor International (BMI) - ha affermato che il PIL del Paese potrebbe crescere del 115%, per quella che sarebbe la crescita più rapida del mondo.
Il precedente del Venezuela
Queste scoperte petrolifere offshore hanno portato Guyana a produrre più di 400.000 barili di petrolio al giorno, quasi tutti attraverso i giacimenti di proprietà ExxonMobil.
Quest’orizzonte ha portato a una crescita del PIL del 62% tra 2021 e 2022, del 33% tra 2022 e 2023: numeri clamorosi, a cui si aggiunge uno storico accordo siglato con l’India, attualmente il terzo importatore di petrolio al mondo. L’accordo prevede l’approvvigionamento del petrolio guianese e una sinergia con alcune società indiane nelle attività petrolifere in Guyana, permettendo all’India di diversificare ancora di più le sue fonti di greggio.
Ma per parlare dell’attuale situazione di Guyana non si può non citare anche un altro Paese: il Venezuela. Uno dei 12 membri dell’OPEC - l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio che controlla circa l’80% delle riserve mondiali -, nonché il Paese più ricco del Sudamerica soltanto cinquant’anni fa.
Nel 1971, il PIL del Venezuela ammontava a 14 miliardi di dollari proprio grazie alle sue riserve di petrolio, con tassi di crescita annuali del PIL simili a quelli osservati oggi in Guyana.
La sua caduta è stata fragorosa: prima la nazionalizzazione dell’industria petrolifera; poi, negli anni Ottanta, una diminuzione dell’esportazione e una contestuale caduta del prezzo del petrolio che portano il Venezuela sul baratro, complice una mancata diversificazione del suo assetto economico.
Una situazione, riassunta benissimo in questo articolo di Orizzonti Politici, che ha portato negli anni Novanta a dure riforme fiscali e sociali, con il risultato di produrre un’instabilità politica e una corruzione endemica che proseguono fino a oggi. Una delle sfide centrali, per Guyana, è racchiusa proprio qui.
2030
Non serve passare la domenica pomeriggio a leggere dell’export di Guyana per non ricollegare immediatamente i giacimenti petroliferi alla lotta per il clima.
La realtà è che il PIL di Guyana crescerà enormemente nei prossimi anni perché i combustibili fossili, ancora oggi, sono più centrali di quanto avremmo voluto. Il 2030 è una data cerchiata in rosso da oltre quindici anni, come un primo e fondamentale traguardo intermedio per la lotta al cambiamento climatico su scala globale.
La stessa Agenda 2030 è un piano d’azione stipulato dall’ONU nel 2015, è composta da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile con cui punta a sovvertire l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo. Di 2030 sentiamo parlare da oltre un decennio, ma in realtà è dietro l’angolo: e in quello stesso anno, i governi prevedono di produrre il 110% di combustibili fossili in più rispetto a quanto richiederebbe il limite del riscaldamento climatico a 1.5°C.
Da anni si parla quasi esclusivamente di emissioni nette, e troppo poco di come evolversi verso una drastica diminuzione della produzione di combustibili fossili come il petrolio.
Tra cinque mesi assisteremo al consueto appuntamento più importante dell’anno in chiave climatica: la COP29 di Baku, in Azerbaigian, si terrà tra l’11 e il 22 novembre e sarà il sequel della COP28 tenutasi a Dubai, l’emblema dell’impero petrolifero del Medio-Oriente.
Un appuntamento che aveva portato al primo accordo esplicito sulla riduzione dei combustibili fossili: un’intesa imperfetta, che non parla di “eliminazione” ma di “Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050”.
Una transizione da leggere anche attraverso il tipo di crescita che accompagnerà la Guyana nel prossimo futuro.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
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Ok, devo chiedertelo: ma perché 8:04? C'è un significato particolare o è solo un orario scelto a caso?