Kiss me litio
#3 Mappe - Cile 🇨🇱: il litio. Fondamentale per l'alimentazione delle batterie delle auto elettriche, è una risorsa controversa e contribuirà a cambiare gli scenari geopolitici. E il Cile ne è pieno.
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Oggi si torna in Sudamerica: benvenuti in Cile!
Il Cile è il Paese con la più ampia disponibilità di litio al mondo: per estrazione è secondo solo all’Australia, pur possedendo il 50% delle riserve mondiali di questo minerale. Il suo ruolo fondamentale per l’alimentazione delle batterie delle auto elettriche spiega perché il litio contribuirà a cambiare gli scenari geopolitici dei prossimi anni, insieme ad altri elementi che saranno centrali nella transizione ecologica come cobalto e rame. Questa volta, per fortuna, ho ricevuto un aiuto prezioso: ne ho parlato con Ferdinando Cotugno, giornalista di Domani e autore della newsletter Areale.
Il litio è un metallo argento molto presente in natura, distribuito in vastissima quantità, e il Cile “è letteralmente seduto sopra una ricchezza gigante, produce circa il 32% mondiale del cosiddetto oro bianco mentre l’Australia è al primo posto con il 46%” mi spiega Ferdinando. Non basta però averlo a disposizione, è necessario anche disporre di competenze tecniche ben precise per maneggiare un metallo così complesso: questo è il motivo per cui, ad esempio, la vicina Bolivia non riesce a sfruttare a pieno le riserve di litio di cui dispone.
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Boric time
Da qualche tempo, probabilmente lo saprai, il Cile ha un nuovo governo e un nuovo Presidente: Gabriel Boric, appartenente alla coalizione Apruebo Dignitad, dove Convergencia Social e il Partito Comunista sono i due maggiori partiti. Ha soltanto trentacinque anni, e tra le promesse con cui ha raggiunto il comando del Paese sudamericano - insieme alla riforma del sistema pensionistico e all’accesso universale alla sanità - c’è indubbiamente il piano sui grandi giacimenti minerari di rame e litio presenti sul territorio cileno.
Anche in virtù delle sue ideologie di sinistra, Boric si oppone fortemente al neoliberismo, e per quanto riguarda il litio - oggi in larga parte privatizzato - prevede di creare un unico grande soggetto nazionale, di modo da poter sfruttare a pieno l’enorme richiesta dei mercati per rilanciare il Paese. Tra l’altro, il Cile è stato uno dei primi Paesi ad accogliere e implementare negli scorsi decenni le teorie neoliberiste: negli anni del regime di Augusto Pinochet, l’economia di Stato era regolata dai cosiddetti Chicago Boys, un gruppo di economisti liberisti che facevano il gioco delle multinazionali straniere e che hanno adottato politiche di privatizzazione della vita sociale ed economica del Cile.
Tanto per fornire un numero, il prezzo del litio è salito del 437% nell’ultimo anno e andrà a influenzare fortemente gli equilibri geopolitici mondiali per chi produrrà e utilizzerà le batterie. Prima che il governo Boric si insedii ufficialmente a inizio marzo dopo la vittoria delle elezioni, uno degli ultimi colpi di coda del presidente Piñera è stato quello di confermare il suo asservimento alle elitè: da un lato, l’ex-presidente conservatore ha aperto una gara d’appalto per la concessione ai privati della produzione di 400mila tonnellate di litio, e dall’altro ha disposto l’assegnazione di due quote di 80mila tonnellate ciascuna, per 27 anni, alla società cinese Byd Chile Spa e alla cilena Operaciones mineras del Norte Sa.
A questo orizzonte si erano opposti i parlamentari dell’opposizione, la maggiorparte della società civile e soprattutto Gabriel Boric, che ha richiesto invano di sospendere gli appalti lasciando che fosse il nuovo governo a occuparsi della questione.
Il futuro cileno del litio
Il litio è uno dei metalli più difficili da maneggiare, ed è oltretutto una risorsa controversa per via dei grandi danni ambientali creati dalla sua estrazione, soprattutto nei Salar cileni e in particolar modo nel salar di Atacama, che da solo detiene il 40% delle riserve mondiali di litio: “L’estrazione necessita di uno spropositato utilizzo dell’acqua, e questa situazione non ha fatto che aggravare una crisi idrica presente in Cile già da un decennio” mi dice Ferdinando. Una situazione simile accomuna il litio all’avocado: come il metallo color argento, anche l’avocado è uno dei prodotti cileni più richiesti e allo stesso modo la sua lavorazione è decisamente water-intensive. Il risultato comune è stato quello di favorire la desertificazione del territorio cileno e la distruzione di molte riserve d’acqua.
(Proprio per la crescente consapevolezza dei danni ambientali prodotti dall’estrazione, il governo della Serbia ha annunciato da poco la rinuncia al progetto di sfruttamento di un grande giacimento di litio tramite il gruppo industriale Rio Tinto, dopo lunghe proteste da parte della popolazione locale e di gruppi ambientalisti)
Il macro-progetto di Gabriel Boric consiste nel voler creare una vera e propria filiera del litio in Cile, non limitando il Paese all’estrazione del prezioso minerale per vederselo poi sottratto dalla Cina e di altri soggetti internazionali, che si occupano della raffinazione e utilizzo del litio per la produzione delle batterie.
La Cina è già oggi il centro nevralgico della produzione e utilizzo degli elementi che saranno centrali nella transizione energetica: è responsabile della raffinazione di circa il 35% totale per il nickel, 50-70% per il litio e cobalto (quest’ultimo si trova per la maggiorparte in Congo), e circa il 90% per le terre rare: “Il suo vantaggio è almeno decennale nei confronti degli Usa e dell’Unione Europea, si è assicurata un vantaggio tale che non perderà centralità nei prossimi decenni”.
Da marzo il Cile avrà al proprio comando un presidente attento, almeno nelle intenzioni, alle questioni ecologiche (Boric ha già annunciato il proprio governo come “il primo governo ecologista della storia del Paese”), e la prospettiva della creazione di un soggetto nazionale che permetta uno sviluppo equilibrato della filiera del litio, arrivando ad ampliare le fasi di raffinazione e produzione del metallo, non può che essere promettente.
Qual è l’orizzonte? La concretezza del progetto della nazionalizzazione del litio “dipenderà in larga parte dal nervosismo dei mercati, come avviene per ogni nazionalizzazione, e dall’immagine che saprà presentare il governo Boric agli occhi stranieri anche ai grazie ai rapporti diplomatici. Per la riuscita del piano il ruolo degli investitori sarà centrale, ma la radicalità spesso gioca a sfavore della riuscita stessa di questi progetti”.
Il Cile già oggi è il Paese più industrializzato del Sudamerica, ma se nei prossimi anni Gabriel Boric dovesse riuscire ad allargare la filiera del litio con la creazione di una grande e ambiziosa gestione centralizzata allora il Paese riuscirebbe a godere infinitamente di più di questa ricchezza, con il riflesso di aumentare i costi per gli acquirenti esteri. “Ecco perchè - aggiunge Ferdinando - sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea stanno guardando in maniera molto interessata la situazione cilena: già oggi due terzi del litio importato nei paesi UE proviene dal Cile”.
La geopolitica dei prossimi anni
Entro il 2040 la domanda di minerali per batterie e veicoli elettrici (e non solo) crescerà almeno di trenta volte, quella del litio addirittura di quaranta: il loro prezzo sarà sempre più alto. Per molti dei Paesi che oggi sono in possesso di un considerevole peso economico e geopolitico anche grazie al loro ruolo energetico e alla reperibilità di materie prime nei propri territori, i prossimi anni saranno cruciali per il mantenimento dei rispettivi status a livello mondiale.
Come abbiamo già visto, la Cina ha accumulato un vantaggio decennale su UE e USA, i suoi principali competitor, favorita da una struttura governativa centralizzata, ed è stata capace di programmare fin da tempo l’utilizzo delle risorse indispensabili alla transizioni energetica e la produzione delle batterie. Secondo uno studio dell’agenzia britannica Benchmark Mineral Intelligence, le mega-factories di batterie al litio nel 2030 saranno 140 in Cina, 10 negli Usa e 17 in Europa.
Sarà interessantissimo, piuttosto, vedere quali saranno i cambiamenti geopolitici per Paesi come la Russia, l’Arabia Saudita e gli altri Paesi dell’Opec: una volta che la maggiorparte degli spostamenti saranno garantiti dalle batterie elettriche e si sarà trovato il modo di immagazzinare grandi quantità di energia pulita (e non è facile, lo spiega bene Bill Gates nel libro Clima), la centralità di tutti questi Paesi estrattori di idrocarburi sarà destinato a modificarsi. Se il petrolio e il gas lo sono stati dalla seconda metà del XX secolo, sarà il litio il cuore dei rapporti economici e geopolitici dei prossimi decenni.
Ferdinando Cotugno ha raccontato la COP26 seguendola direttamente da Glasgow. In questo scenario si sono evidenziati i tentativi di alcuni di questi Paesi di contrapporsi per quanto possibile alla transizione energetica già in atto: per loro questo orizzonte può significare il totale capovolgimento del loro peso sullo scacchiere internazionale, per quanto la quantità di petrolio e gas sia tuttora in aumento.
All’interno di questo fronte di opposizione, mi spiega, “la transizione non sarà ordinata e la resistenza sarà commisurata alle alternative che possiedono questi Paesi. Ad esempio l’Arabia Saudita, che dipende quasi esclusivamente dai propri giacimenti petroliferi, nel 2050 potrebbe essere solo un grande soggetto finanziario e avere meno peso del Cile”. Se la Cina sarà un poliziotto con finalità di controllo, nel corso della COP26 “le decisioni in merito al carbone sono state un ottimo indicatore per intuire le future posizioni di alcuni Paesi anche sulle limitazioni di petrolio e gas”: dopo giorni di dibattito, si è passati dall’abbandono immediato del carbone a un phase-down graduale proprio per l’intervento dell’India.
Resta difficile fare delle previsioni certe, ma il litio sarà sicuramente fondamentale nella transizione energetica e, quindi, strategico per il modellamento dei rapporti geopolitici mondiali dei prossimi decenni.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Il podcast da non perdere: Stories, prodotto da Chora Media e dalla giornalista Cecilia Sala. In questo episodio si parla proprio del nuovo governo di Gabriel Boric, dove le donne sono la maggioranza (14 su 24):
Grazie e a presto!
Titolo bellissimo! 😄
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