Da Londra a Kigali
#59 Mappe - Ruanda 🇷🇼: un volo di sola andata da Londra a Kigali, la capitale del Paese. Esattamente trent'anni dopo il genocidio tra Hutu e Tutsi.
Ciao, buon primo maggio!
Stai leggendo Mappe, la newsletter che ti parla di storie, culture e persone. Un Paese alla volta. E che devi consigliare al tuo barista di fiducia, quello a cui chiedere ogni mattina “il solito, grazie!”.
Lo scorso martedì - il 23 aprile - si è celebrata la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, organizzata dall’UNESCO. E, sempre il 23 aprile, in Catalogna si celebra la Diada de Sant Jordi, il giorno di San Giorgio, anche conosciuto come il Dìa de los Libros y las Rosas.
Facciamo che non ti parlo di rose e di amore, ma visto il tema ricorrente della scorsa settimana ti consiglio tre libri che mi sono capitati sotto mano negli ultimi mesi:
Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, un romanzo che vede come protagonisti un giornalista e il foglio culturale di un quotidiano di Lisbona
Siddharta di Hermann Hesse: inquietudine, elevazione e ricerca di se stessi in un breve ma intensissimo racconto
Cecità di Josè Saramago, una distopia narrata in tutta la sua psicologia
Il primo dei tre scrittori è vissuto e morto a Lisbona, mentre Saramago è portoghese di nascita: da qualche mese a questa parte potrei aver deciso di recuperare diversi classici della letteratura portoghese e ispanoamericana.
Sto rispettando il programma? No, ho appena terminato Scrittura cuneiforme dell’autore iraniano Kader Abdolah, un romanzo splendido. Iniziamo.
Viva per raccontare
In realtà, anche per parlare di Ruanda devo avvalermi di un libro, letto alle scuole medie: il titolo è Viva per raccontare, mentre chi scrive ed è anche la protagonista della vicenda si chiama Immaculée Ilibagiza.
Esattamente trent’anni fa, nel 1994, il Ruanda attraversò una delle guerre civili più cruente e mortali che si sono susseguite nell’ultimo secolo in Africa. Cento giorni di scontri, tra l’aprile e il luglio di quell’anno, e stime che toccano le 800.000 persone scomparse in quello che è stato subito definito un genocidio con pochi precedenti.
Un genocidio che ha coinvolto entrambe le etnie maggioritarie del Paese: Tutsi e Hutu. I primi, storicamente la parte più ricca e popolare del Paese; i secondi ne sono la fetta più povera. In questo articolo di Limes, si riassume perfettamente l’origine sociale dei massacri del 1994.
Ti lascio qui un estratto del libro, esplicativo di quanto vissuto dal popolo ruandese trent’anni fa e da Immaculée, sopravvissuta al genocidio nascondendosi per ben novanta giorni in un bagno piccolissimo, nella casa di un pastore Hutu:
Verso la fine del primo mese di nascondiglio, il pastore Murinzi venne da noi una sera tardi con un piatto di avanzi. […] “Tuo padre era un Tutsi molto cattivo” mi apostrofò.
“Che cosa vuol dire?” Mi colse completamente di sorpresa, non tanto per l’insulto a mio padre, ma perchè si riferiva a lui usando il tempo passato. Mi rifiutavo di riconoscere la possibilità che qualche membro della mia famiglia potesse essere morto. “Mio padre è un uomo buono, pastore, forse il migliore che abbia mai conosciuto!”
“No, Immaculéè, lui era un cattivo tutsi e un cattivo uomo… aiutava i ribelli dell’FPR a organizzare la guerra civile.” Guardò le altre donne, mi indicò e disse: “Se vi prenderanno e vi uccideranno, sarà colpa di Immaculéè.” […]
“In casa tua hanno trovato seicento fucili” continuò lui, rivolgendosi di nuovo a me. “Hanno scoperto anche delle granate e una lista della morte con nomi di hutu. Questo è il motivo per cui voi tutsi siete perseguitati e uccisi. Se noi hutu non avessimo uccisi per primi, ora saremmo uccisi dai tutsi!”
The UK-Rwanda Treaty
Trent’anni dopo, il Ruanda è tornato al centro delle mappe internazionali.
Pochi giorni fa, infatti, il Parlamento britannico ha approvato la legge con cui Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito dalla fine del 2022, sta contraddistinguendo la sua prima esperienza di governo.
Si chiama Safety of Ruanda Bill, ed è un progetto che prevede la deportazione - se il termine ti suona strano e anacronistico, non guardare me: si tratta di deportazione - degli immigrati illegali che sbarcano sulle coste inglesi, senza possibilità di ritornare sul suolo britannico.
Pare che i primi voli di “rientro” debbano decollare a luglio, ma RwandAir e altre compagnie aeree si sono già rifiutate di prendere parte a un piano che andrebbe a ledere fortemente la propria reputazione. Inoltre, la legge aveva incontrato il parere contrario della Corte Suprema, che aveva definito il Ruanda come una destinazione non sicura.
Se Rishi Sunak definisce questo momento come un “cambiamento fondamentale nella lotta alla migrazione”, a partire dal 22 aprile non si sono fermate le feroci critiche al piano britannico. Ad esempio, l’Alto Commissario per i diritti umani, Volker Türk, e il responsabile per i rifugiati, Filippo Grandi - entrambi membri delle Nazioni Unite - hanno invitato il governo “ad assumere misure pratiche per combattere i flussi irregolari di rifugiati e migranti, sulla base della cooperazione internazionale e del rispetto del diritto internazionale dei diritti umani”.
In Ruanda, dalle prossime settimane, potrebbero finire immigrati irregolari di ogni provenienza: in un Paese tutt’altro che sicuro e incapace di garantire una corretta gestione di una quota così alta di arrivi.
Gli echi della volontà inglese di adottare misure più restrittive sull’immigrazione - e su problematiche a essa connesse - si erano già intravisti con il conservatorismo post-Brexit di Boris Johnson.
Da lì, il 13 aprile 2022 Regno Unito e Ruanda avevano stipulato un accordo quinquennale, che prevedeva di spedire a 6.400 km di distanza da Londra chi sarebbe entrato illegalmente nel Regno Unito: a Kigali. Un accordo che nel 2022 era valso circa 140 milioni di sterline al Ruanda, e che due anni dopo potrebbe vedere la sua piena, nauseante realizzazione.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente, se non consideriamo quelle dello scudetto dell’Inter:
Gli articoli più interessanti letti di recente: i fratelli francesi che vogliono battere la Cina a ping-pong, l’anno elettorale più intenso di sempre, un articolo sulla palestra e i disturbi psichici.
La newsletter da non perdere: nell’ultima puntata di Ellissi - di Valerio Bassan - si parla di web, e del fatto che il 45% delle visualizzazioni di YouTube negli USA avvengono sui televisori di casa. Un dato pazzesco.
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: Stilnovo, il primo podcast di Rivista Studio sulle parole di una lingua nuova, quella nata su social network.
Per recuperare tutte le altre puntate, puoi visitare l’archivio.
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Grazie, a presto!
Ne avevo sentito parlare su Breaking Italy ed è in effetti una situazione di cui non ero a conoscenza e che mi fa provare disgusto per questo orientamento del governo britannico, peggio del peggior Salvini.
tutto bene tranne il commento sull'inter, un caro saluto Fabio