Icone
#60 Mappe - Austria 🇦🇹: bello Icone di Airbnb vero? Allora parliamo del problema degli affitti brevi. E del social housing a Vienna.
Ciao, buona settimana!
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Vabbè dai, figata pazzesca.
Non sapevo su cosa concentrarmi per questa puntata (strano, ndr) fino a ieri mattina, quando ho rispolverato una mail di qualche giorno fa in cui Airbnb mi annunciava l’uscita di Icone.
Cosa si è studiata l’azienda statunitense? La possibilità di far vivere ai propri clienti una serie di esperienze a dir poco stupefacenti.
Saranno sempre di più, per ora sono undici, e tra queste c’è la possibilità di dormire nella casa di Up, dentro il museo Ferrari a Maranello, oppure nella sala dell’orologio del Museo d’Orsay che è al momento il mio scenario preferito.
Una campagna promozionale che già sta riscuotendo successo in tutti gli angoli del globo, e che - come dice il suo CEO Brian Chesky - vuole avvicinare democraticamente le persone a poter vivere esperienze sensazionali. Nel corso degli anni, però, il sistema Airbnb, quello degli affitti brevi, ha significato anche molto altro, soprattutto nei grandi centri urbani.
Il diritto alla casa
Poche settimane fa, su Twitter ha fatto scalpore la vicenda di Serena Scandellari, una donna che è stata sfrattata dal suo appartamento bolognese, insieme alla madre, per cessata locazione.
Per mesi, Serena ha cercato con qualsiasi mezzo una nuova sistemazione a Bologna, ma tra prezzi e garanzie folli, e appartamenti senza i requisiti minimi di abitabilità, non è mai riuscita a trovare una via d’uscita. Nemmeno attraverso il comune di Bologna, che ha proposto soluzioni a prezzi impraticabili o tempistiche non percorribili: ne ha parlato anche la giornalista Charlotte Matteini in questo articolo.
Per la Costituzione Italiana, la casa non è un diritto; ma nell’articolo 47 si afferma che la Repubblica “favorisce l’accesso del risparmio popolare” alla proprietà dell’abitazione”.
Con l’avvento delle tante realtà che favoriscono gli affitti brevi, questo favoreggiamento è sempre più invisibile, soprattutto nelle grandi città. Oggi Serena è riuscita a trovare una soluzione - un monolocale per lei e sua madre, che proprio non sarebbe una soluzione ottimale cui doversi aggrappare -, ma questo non cambia la radice del problema: Bologna è invasa di Airbnb.
Gli affitti brevi
Dal 2016 al 2023, la crescita di affitti brevi a Bologna è aumentata del +300%. Il meccanismo scatenato da Airbnb ha portato - a Bologna, e in tantissimi altri centri urbani - a un aumento spropositato dei prezzi immobiliari e ha peggiorato una crisi abitativa che ricade direttamente sui residenti. Inoltre, il sistema degli affitti brevi sta diventando il paradiso dei multiproprietari, che rappresentano il 60% degli host che si possono trovare su Airbnb.
Questi contratti di locazione breve - a livello legislativo inferiori ai 30 giorni - sono sicuramente redditizi, ma molte di queste abitazioni rimangono anche vacanti per periodi di tempo piuttosto lunghi, gli stessi nei quali una fetta sempre più alta di residenti è alla ricerca di canoni di affitto residenziali sempre più inaccessibili.
Insomma, il movimento degli affitti brevi sta favorendo il sempre più noto processo di gentrificazione: i centri delle città che si svuotano per via dell’interesse di proprietari abbienti che monopolizzano i quartieri anche attraverso l’acquisto di potenziali residenze, che vengono tramutate in affitti brevi a uso e consumo del turismo.
Ma ci sono anche città che stanno adottando un percorso diametralmente opposto.
Vienna
Non sono mai stato a Vienna, e in realtà non mi ha mai affascinato fino a pochi mesi fa, quando diverse persone che ci sono state me ne hanno parlato benissimo.
E così, leggendo qua e là qualche dato, ho scoperto che Vienna sta facendo scuola. Se gentrificazione e crisi abitative hanno portato a prezzi di affitti e immobili raddoppiati o triplicati a Milano, Berlino, Barcellona e tante altre città europee, Vienna è un modello da seguire da diversi decenni.
Lo scorso anno, Viola Stefanello aveva raccontato in questo reportage su Il Post di come Vienna stesse riuscendo a mantenere bassi i prezzi degli affitti cittadini ed evitare così una crisi abitativa che la distingue dal resto dello scenario europeo.
Il The Economist ha eletto nel 2023 Vienna come la città più vivibile al mondo, nella consueta classifica annuale, davanti a Copenaghen e Melbourne, e allo stesso modo era capitato già l’anno precedente.
Tra i fattori che determinano il concetto di “liveability” su cui si basa la classifica, rientrano sicuramente i decenni di politiche locali e nazionali che, in Austria, pongono il diritto alla casa come una priorità. Se a Milano l’affitto medio pesa più del 50% dello stipendio medio, a Vienna la cifra non supera il 22%.
Il comune di Vienna è direttamente proprietario o gestore di circa il 50% del patrimonio immobiliare cittadino, attraverso diversi piani sociali che ne garantiscono lo sfruttamento a quasi un milione di persone, a prezzi calmierati. Grazie anche a una tassa sulla casa pagata da ogni cittadino, il budget annuale di Vienna per l’edilizia sociale supera infatti i 400 milioni di euro.
Da queste cifre emerge un sistema definito come “social housing”, e che a Vienna vede il 43% degli alloggi disponibili a un prezzo che non risente della speculazione. Così si legge nel pezzo di Viola Stefanello:
Questi edifici possono essere di proprietà del municipio – come Rennbahnweg – o costruiti con l’aiuto di ingenti sovvenzioni municipali dalle cosiddette “ Gemeinnützige Bauvereinigungen” (GB), cooperative edilizie “a scopo di lucro limitato” che per legge possono affittare le proprie unità abitative soltanto a un prezzo che rifletta i costi di costruzione e manutenzione.
Il modello di social housing esiste, a Vienna, da più di un secolo ed è estremamente accessibile: lontani dalle garanzie di cui abbiamo parlato nel caso di Bologna, distanti dalla massiccia presenza di multiproprietari di residenze destinate ad affitti brevi, basta vivere da due anni a Vienna o arrivare a un singolo reddito annuo inferiore ai 53mila euro (79mila euro se in due). Tre quarti della popolazione ci rientra, e questo porta a più di 10mila domande annue per l’entrata nel sistema.
Il simbolo del sistema Vienna è Seestadt Aspern: una nuova pagina di architettura, a venti km dal centro città. Prima era un aeroporto abbandonato, ora è il centro di uno dei progetti urbanistici più ambiziosi in Europa, dove l’80% delle abitazioni sarà composta da alloggi sovvenzionati, attorno al lago artificale Asperner See. A proposito, nella puntata sulla Danimarca ti avevo parlato di un progetto simile: del quartiere Nordhavn a Copenaghen e delle 15-minute cities.
In mezzo al progetto urbanistico innovativo, a Seestadt Aspern c’è anche spazio per un’altissima attenzione alla parità di genere. A vie, piazze e parchi sono stati assegnate nomi di donne, a cominciare dall’Hannah Arendt Park.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Alcuni articoli letti in questi giorni: la vittoria del tennista con cui empatizzo di più al momento su Ultimo Uomo, la gentrificazione è arrivata anche ad Amsterdam su Rivista Studio, le torture al Carcere Beccaria su Lucy sulla Cultura.
La newsletter da seguire: Iberica parla del premier spagnolo Pedro Sanchez.
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: un podcast di news quotidiane che forse non conosci, News dal pianeta Terra di LifeGate.
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Grazie a te Sara, la seguo volentierissimo!
La gentrification sta aggredendo anche Napoli e il servizio di Fanpage ne ha messo in luce anche gli aspetti più problematici, che vanno oltre i singoli privati che cacciano i residenti per affittare ai turisti. La giunta Manfredi aveva detto di volerci porre un freno ma al momento non mi sembra che si muova granché. Sarebbe così difficile seguire il modello Vienna?