Le isole Matsu tra i due litiganti
#33 Mappe - Taiwan 🇹🇼: la querelle Cina-Taiwan è più viva che mai. Corre attorno agli USA e alle isole Matsu, un arcipelago taiwanese a pochissimi km dalla Cina continentale.
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Circa un anno fa, nasceva un podcast a cura dell’analista geopolitico Dario Fabbri che avevo suggerito nella puntata sul Portogallo. Si chiama Stati di tensione - lo trovi tra i consueti consigli in fondo alla puntata -, e per parlare delle diverse aree del mondo dove potrebbero nascere i prossimi conflitti partiva non a caso da Cina e Taiwan.
Taiwan è anche conosciuto come ‘Repubblica di Cina’ ed è un Paese in cui nel 1949 confluirono le decine di migliaia di nazionalisti cinesi capeggiati da Chiang Kai-Shek, sconfitto da quel Mao Zedong che prese il potere nella neonata Repubblica Popolare Cinese.
I nazionalisti riuniti sotto il movimento politico Kuomintang (KMT) si integrarono - con non poche difficoltà - alla popolazione che da secoli abitava sull’isola a poche decine di km dalla Cina, e diedero vita a un’entità statale che ancora oggi continua a volersi differenziare e allontanare dalla Cina continentale.
Negli ultimi anni Pechino sta aumentando il suo interesse verso Taiwan, sotto le mire di un’unica grande Cina. E fin dal 1960 gli USA sono il terzo grande attore protagonista della vicenda: per farmi aiutare nell’analisi dei rapporti Cina-Taiwan mi sono fatto aiutare da un nuovo ospite, il giornalista Lorenzo Lamperti che vive da diversi anni proprio a Taiwan. Iniziamo! 🇹🇼
The low-hanging fruit
In un momento storico in cui la Cina sembra aver rialzato i propri interessi verso Taiwan, le isole Matsu vengono considerate il “frutto più a portata di mano” da parte di Pechino.
Questo arcipelago si trova a pochissimi km di distanza dalle coste cinesi ma è amministrato dall’isola centrale di Taiwan - dove si trova la capitale Taipei -. Anche solo geograficamente, si può capire come la sua posizione sia fortemente strategica nelle tensioni che corrono tra le due sponde.
Pur appartenendo a Taiwan, la connotazione socio-culturale è fortemente distante dall’isola centrale: la popolazione dell’arcipelago Matsu è pari a circa 12.000 abitanti, di cui un quarto sono soldati. Le isole - come mi spiega Lorenzo Lamperti - sono costellate di datate strutture militari che oggi fungono però da attrazioni turistiche sia per cinesi che per taiwanesi:
Matsu e Kinmen sono due ex avamposti che per circa vent’anni avevano visto dei rapporti distesi con l’ingombrante vicino. A Taiwan le Matsu sono state sempre storicamente viste come più vicine alla Cina, ma oggi lo stesso partito PPD - il partito al potere a Taiwan - e in particolar modo i loro esponenti sulle isole Matsu hanno rafforzato il loro interesse per l’arcipelago. Inoltre, sulle isole Matsu la figura di Chiang è ancora largamente apprezzata, a differenza di quanto avviene sull’isola principale di Taiwan dove la ‘Repubblica di Cina’ oggi è un concetto più labile.
Come scrive in questo articolo, è proprio un esponente del partito PPD sulle isole Matsu a sostenere come l’esistenza stessa delle Matsu possa confermare l’esistenza di “due Cine differenti”: quella continentale (la Repubblica Popolare) e la Repubblica di Cina (quella con cui è comunemente riconosciuta Taipei, ma di cui le Matsu sono un’espressione ancor più forte).
Giovani e storia
La querelle Cina-Taiwan si stringe proprio attorno al riconoscimento di un’unica Cina e attorno al consenso del 1992, un accordo tra le due entità politiche che permise una distensione nei rapporti che oggi non sembra più esserci.
Oggi, infatti, il partito politico al potere a Taiwan (PPD) non riconosce questo accordo e dunque l’esistenza di un’unica Cina, principio invece maggiormente riconosciuto dal Kuomintang, partito di opposizione. La distanza di vedute e posizioni dei due partiti politici riflette quelle che sono le differenti posizioni socio-culturali non solo tra Matsu e l’isola di Taiwan, ma anche quelle all’interno della stessa popolazione taiwanese:
Per 40/50 anni la stessa identità taiwanese ha avuto delle tensioni intraetniche, in seguito all’incontro tra i cinesi continentali arrivati sull’isola, guidati da Chiang Kai-Shek nel 1949, e quelli presenti da secoli sull’isola. I nuovi arrivati espropriarono infatti la popolazione locale di diverse aziende, andando a sostituirla in molte posizioni apicali della società. La prima elezione libera a Taiwan arriva soltanto nel 1996.
Ma, arrivando agli ultimi anni, un ruolo ancor più decisivo è quello rappresentato dalle frange giovanili presenti a Taipei. I taiwanesi più giovani hanno vissuto soltanto l’esperienza democratica degli ultimi decenni, e per loro dunque la distanza con la Cina è vissuta in chiave identitaria ancor prima che politica:
I sondaggi sulla percezione identitaria mostrano come negli anni Novanta la percentuale di persone che si definiva “taiwanese” era molto più basso. Oggi il dato è attorno al 65%, ma questo significa che rimane un 35% che si sente appartenente alla sfera culturale cinese: per loro rimane un’alterità dalla Cina continentale più strettamente a livello politico, e non a livello culturale. Un’eventuale dichiarazione di indipendenza formale di Taiwan non avrebbe solo una probabile conseguenza di azione militare da parte di Pechino, ma anche possibili tensioni interne da parte di quel 35% che si percepisce come appartenente alla sfera culturale cinese.
Da questo stesso miscuglio sociale nascono quelle che sono le ipotesi su quali azioni potrebbe intraprendere Pechino, in caso di ulteriori escalation diplomatiche. Tra i diversi motivi per cui la Cina ancora non ha agito militarmente nei confronti di Taiwan - in mezzo a esercitazioni militari che si susseguono però da mesi - sono probabilmente due quelli più centrali:
Un’azione militare di Pechino verso le isole Matsu andrebbe a recidere i canali di comunicazione con l’isola principale di Taiwan, ma soprattutto se la Cina agisse solo su Kinmen e Matsu andrebbe a giustificare un possibile, ulteriore allontanamento da parte di Taiwan. Taipei si percepirebbe ancora di più come un’entità distante dalla Cina continentale.
Qui - e non solo da qui - nascono le previsioni di militari e analisti secondo cui la Cina, se dovesse scegliere di intraprendere un’azione militare, si potrebbe concentrare su altri arcipelaghi taiwanesi meno significativi a livello politico. O al contrario, potrebbe decidere di agire direttamente su larga scala, andando a concentrarsi su tutti i territori di possesso taiwanese e non solo sulle isole Matsu.
Gli USA, Quemoy e Matsu
Uno dei cinque libri più belli che ho mai letto è 22/11/’63 di Stephen King, un romanzo di fantascienza che tratta dell’assassinio del presidente degli USA John Fitzgerald Kennedy.
Fu proprio Kennedy, nel lontano 1960, a citare in un suo discorso le isole Kinmen (conosciute anche come Quemoy) e Matsu: “I think it is in the best interests of national security that Mr. Nixon has now retreated to the administration's view on Quemoy-Matsu, as contained in the 1955 treaty and resolution which I have supported ever since. Mr. Nixon had previously implied that he wished to extend our commitment to defend these two islands against all attacks regardless of whether the attack was part of a general attack on Formosa”.
Da allora, la posizione degli USA continua a essere centrale: l’arrivo a Taipei della speaker della Camera dei Rappresentanti degli USA Nancy Pelosi, nel 2022, non è stata che l’ultima dimostrazione - in ordine cronologico - della volontà degli Stati Uniti di spingere la questione Taiwan sulla scena internazionale.
Oggi il vero problema è che gli USA non sono più il vero e proprio garante di stabilità per Taiwan, è quasi più Taiwan a stare in mezzo ai due litiganti.
Sia Cina che USA stanno leggendo ogni rispettiva mossa come possibile escalation diplomatica, dopo che nei decenni precedenti gli USA avevano sempre tentato di mantenere il fronte taiwanese silente: da un lato sostenendo militarmente Taiwan, ma dall’altro scoraggiando qualsiasi possibile dichiarazione di indipendenza formale da parte della “Repubblica di Cina”. Ma da un decennio circa, la posizione statunitense è cambiata:
Fino a un decennio fa, gli USA sembravano più favorevoli all’attuale partito di opposizone (KMT) proprio perchè aveva una linea più dialogante verso la Cina. Ora che, per gli USA, la Cina è diventata una priorità assoluta in termini di sicurezza e politica estera, guardano con più favore anche al PPD, partito di maggioranza che non riconosce il consenso del 1992, e dunque non dialoga con la Repubblica Popolare Cinese.
In questo senso sarà interessante vedere le posizioni degli USA in vista delle elezioni politiche che si terranno il prossimo anno a Taiwan, anche perchè il candidato del PPD, William Lai, ha storicamente avuto posizioni più radicali dell’attuale presidente taiwanese Tsai Ing-wen.
Ed ecco perché tra i tanti scenari di tensione internazionale, l’asse Cina-Taiwan non può che occupare le primissime posizioni.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Le cose più interessanti lette negli ultimi giorni: la possibile chiusura della testata Vice, la storia della cattura del nazista Adolf Eichmann negli anni Sessanta, un racconto di Ferdinando Cotugno sullo scudetto del Napoli, un libro di Leonardo Garavaglia ambientato in Paradiso.
Il podcast da non perdere: Stati di tensione, a cura di Dario Fabbri.
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