Guarda che Modi
#57 Mappe - India 🇮🇳: le mastodontiche elezioni nel Paese più popoloso del mondo, e come Narendra Modi è arrivato al potere.
Ciao, buon lunedì!
Io sono Andrea Codega e questa è una nuova puntata di Mappe, la newsletter che ti parla di storie, culture e persone. Un Paese alla volta.
Se ancora non lo sapevi, Mappe è anche la newsletter da consigliare al tuo barista di fiducia: quello a cui chiedere “il solito, grazie!”.
Gli 1,4 miliardi di abitanti dell’India sono già entrati nella newsletter nelle scorse settimane: nella puntata sul Pakistan, abbiamo visto come - due anni fa - ben quattordici città indiane erano comparse nella classifica delle città più inquinate al mondo, stilata da IQ Air.
Ma di India è bene riparlarne, e se c’è un momento ideale per farlo è proprio ora, a pochi giorni di distanza dalle elezioni politiche che interesseranno il Paese più popoloso del mondo.
A partire dal 19 aprile, e per le sei settimane successive, 968 milioni di indiani aventi diritto potranno andare a votare gli oltre 2.400 partiti presenti in lista. Il favorito conclamato è l’attuale primo ministro Narendra Modi, mentre il leader dell’opposizione è Rahul Gandhi, nipote di Indira Gandhi, l’unica donna a essere nominata Prima ministra dell’India.
Per avvicinarci alle elezioni, ho fatto qualche domanda a Silvia Boccardi, giornalista di Will Media che ha inaugurato cinque puntate del podcast Globally focalizzate proprio di India. Ovviamente, trovi il podcast nei consigli di fine puntata.
Dove si colloca l’India oggi
Le elezioni governative arrivano in un momento in cui il ruolo dell’India a livello globale è più strategico che mai, nonostante le sue contraddizioni interne.
Insieme a Cina e Russia fa parte della BRICS, l’organizzazione delle economie mondiali emergenti; la sua popolazione è estremamente giovane - l’età media è di 26 anni, per intenderci in Cina è di 37, in USA di 38,8 - e dunque proiettata ad accogliere e sviluppare le novità in materia tecnologica e digitale, anche grazie alla valorizzazione delle startup promossa dal governo di Delhi.
A questo si accompagna, però, la netta divisione in caste, che rende la popolazione radicalmente disomogenea per condizioni di vita, ricchezza e salute. Inoltre, l’India deve ancora compiere forti passi in avanti per dotarsi di infrastrutture che siano di pari livello all’eccellenza in campo tecnologico.
Per il momento, la crescita indiana non è ancora paragonabile a quella cinese. Anche solo a livello tecnologico, l’India non è così avanti ma è la direzione verso cui Occidente e USA vogliono guardare, nel territorio asiatico.
La figura di Modi
Nello scorso decennio, il Pil indiano è cresciuto con un tasso medio annuo di poco inferiore al +7%. Un dato impressionante che si deve anche alla figura di Narendra Modi, primo ministro dell’India dal 2014 e che si appresta a iniziare un terzo mandato.
A 73 anni, Modi gode di una vastissima popolarità nel Paese grazie al suo programma politico-religioso-identitario. Un programma di stampo nazionalista che coniuga India e induismo, Stato e religione, come mi spiega anche Silvia Boccardi:
Modi sta puntando fortemente sulla questione dell’induismo, e a una teoria che fin dagli anni Venti vede l’induismo non solo come religione, ma come tratto identitario delle persone indiane. Si rivolge alla maggioranza identificandola come il vero popolo indiano, il popolo eletto per essere parte di una grande democrazia che sta correndo e quasi sfidando la potenza cinese. Ovviamente questo crea un forte appeal nella popolazione induista, e un enorme problema per le minoranze.
La minoranza principale in questione è la popolazione di religione musulmana: una “minoranza” che pesa per circa il 13%, e dunque più di 200 milioni di persone.
La carriera politica di Modi si è costruita nello stato del Gujarat, nell’India centro-occidentale, dove fin dagli anni Novanta le comunità indù e musulmane si scontrano quasi quotidianamente.
Il culmine era stato raggiunto nel Gujarat Riot del 2002, quando - in seguito a un attacco musulmano su un treno - in poche settimane più di duemila musulmani vennero massacrati in diverse città dello Stato. Una situazione di tensione e violenza che erano anche conseguenza della linea identitaria promossa dal BJP (Bharatiya Janata Party), il partito di Modi, che all’epoca governava da pochi mesi proprio in Gujarat.
Ci sono sempre stati scontri tra le due fazioni: tra persone molto religiose e allo stesso tempo povere, purtroppo è normale che attriti e scontri si sviluppino secondo queste divergenze. Negli ultimi vent’anni gli attacchi ai musulmani nel Paese sono cresciuti tantissimo, come mostra la lunga lista di Riots.
Agli omicidi si affianca anche una teoria del complotto come la Love Jihad, che teorizza una presunta attività di conversione di donne, soprattutto ragazze, verso l’Islam, facendole innamorare e forzandole alla conversione alla religione musulmana. Un altro aspetto si lega invece alla mucca, animale sacro per la religione induista: da diversi anni chiunque faccia il macellaio o si rechi a comprare la carne è un potenziale obiettivo dei fanatici induisti, sempre più intransigenti.
Sono fatti che accadono tutti i giorni in India, in un momento in cui il Paese è particolarmente scisso: non solo a livello religioso ma anche identitario.
Scacchiere internazionale
Da un lato, le decennali tensioni con il Pakistan che risalgono all’indipendenza del 1947. Dall’altro, la Cina: il grande avversario presente nel continente.
Per l’Occidente, e soprattutto per gli Stati Uniti, l’India rappresenta - pur con tutte le sue contraddizioni sociali - un baluardo essenziale nello scacchiere asiatico, non potendo istituire un solido dialogo con il Partito Comunista cinese.
Nonostante gli effetti cruenti del nazionalismo di Modi siano stati sempre più affrontati da stampa internazionale, associazioni e ONG, il ruolo cardinale che ricoprono oggi l’India e Modi sul piano geopolitico hanno messo in secondo piano anche le forti limitazioni dei diritti umani che quotidianamente caratterizzano l’India, e che hanno interessato anche la libertà di stampa.
Modi rappresenta un perno fondamentale e una soluzione liberale, rispetto alla Cina. Seppur ritenuto responsabile dei Riots del 2002, non appena eletto primo ministro del Paese è divenuto uno stretto “amico” degli USA, in quanto preziosa alternativa alla Cina.
Per chiudere con una nota di colore, negli scorsi mesi in India è spopolato l’hashtag #melodi: una crasi tra Meloni e Modi, una presunta - e ovviamente rimasta tale - ship tra i due primi ministri che è stata arricchita da un selfie pubblicato l’1 dicembre, in occasione della COP28 a Dubai, a proposito di contraddizioni.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Alcuni articoli letti negli ultimi giorni: la drammatica situazione nelle carceri italiane, chi l’avrebbe mai detto che tutti i miliardari under-30 hanno ereditato il loro patrimonio, un’analisi della sconfitta di Erdogan alle elezioni municipali turche.
La newsletter da non perdere: Areale, la newsletter di Ferdinando Cotugno sull’ambiente, che proprio ora diventa anche un podcast.
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: Globally e il suo focus sull’India, una mini-serie condotta da Francesco Rocchetti e Silvia Boccardi.
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Grazie, a presto!
Grazie davvero come sempre Giuseppe 🙏🏻
Anche i titoli sono fighissimi! Scusa se faccio il groupie, ma non posso fare a meno di rimarcare quanto la tua newsletter sia efficace sotto ogni punto di vista.