La Coppa del morto
#20 Mappe - Qatar 🇶🇦: tra meno di un mese prende il via il Mondiale di calcio in Qatar. Un Mondiale problematico e criminoso, tra morti, diritti umani e questione ambientali.
Ciao e benvenuto/a alla ventesima puntata di Mappe: cifra tonda.
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Manca meno di un mese all’inizio dei Mondiali di calcio in Qatar: anche se non sei appassionato/a, possono essere state tante le situazioni che probabilmente ti hanno portato a sentir parlare di questo evento. L’amico appassionato di calcio che si lamenta del primo Mondiale disputato in inverno, interrompendo la stagione dei club. Oppure le polemiche che hanno accompagnato la mancata qualificazione dell’Italia, la seconda consecutiva dopo Russia 2018. Oppure tutto quello che si cela dietro questi Mondiali: corruzione, migliaia di morti, uno Stato che non rispetta i diritti umani e ignora l’impatto ambientale dell’evento.
Non vedevo l’ora di parlarti di questo Mondiale delittuoso, in primis a livello umano e sociale, solo in secundis a livello sportivo. Per farlo, ho avuto la fortuna di fare una chiacchierata con Valerio Moggia: giornalista per Vice, Rivista Undici e Linkiesta, ha recentemente pubblicato La Coppa del morto, un libro sugli scandali che si nascondono dietro Qatar 2022. Il titolo, purtroppo, non poteva essere più azzeccato.
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6500 e oltre
Qatar 2022 nasce nel lontano 2010, quando la FIFA (la Federazione internazionale che gestisce il mondo del pallone) decide di assegnare quest’edizione dei Mondiali proprio al Paese della penisola araba, confinante con l’Arabia Saudita.
Assegnare un Mondiale a un Paese che è praticamente sempre stato fuori dalla mappa del mondo del calcio è già un fatto assai particolare, a cui si aggiunge il fatto che il Mondiale si disputerà non alla fine della stagione calcistica del club (a giugno-luglio), ma a novembre-dicembre, con il risultato di mettere sostanzialmente in pausa per due mesi i campionati di mezzo mondo. Il motivo si ritrova ufficialmente nelle temperature estive in Qatar (con picchi fino a 50 gradi), ma non si spiega allora come nel 2023 sarà sempre il Qatar a ospitare la Coppa d’Asia del prossimo anno, nei mesi di giugno e luglio.
Il numero centrale è 6500, ed è stato il Guardian a parlarne per primo nel febbraio del 2021: dal 2010 ad oggi sono almeno (!) 6500 circa i lavoratori stranieri - sottopagati e giunti principalmente da India, Pakistan e Nepal - che hanno perso la vita in Qatar. Considerando che dal 2010 ad oggi praticamente qualsiasi cantiere, palazzo, centro sportivo, stadio o strada costruita in Qatar è direttamente o indirettamente collegata agli imminenti Mondiali, il nesso è piuttosto chiaro. Un Mondiale non significa solo la costruzione di stadi, ma anche di tutti quei servizi collaterali per professionisti e turisti (si stimano più di 1.2 milioni di visitatori tra novembre e dicembre) che il Qatar ha dovuto di fatto costruire da zero. Il numero 6500 parla da solo, ma ancora più lo fanno alcune precisazioni che mi ha riferito proprio Valerio:
Intanto, il dato si riferisce a un articolo del 2021, quindi oggi i morti sono presumibilmente in più. Inoltre, a fare davvero scalpore è il fatto che i dati del governo qatariota presentino numeri ufficiali bassissimi, e non a caso l’inchiesta del Guardian si basa sui dati governativi di quei Paesi da cui provengono i tantissimi poveri che sono arrivati in Qatar per lavorare sottopagati. Se consideriamo che il Nepal - uno dei Paesi coinvolti - non ha fornito i numeri, il numero 6500 è sottostimato.
Paradossalmente, quello che è ancora più grave è l’assenza di trasparenza nella comunicazione del Qatar e della FIFA stessa. Il fatto di non poter avere dati ufficiali in occasione di un evento così partecipato è francamente assurdo.
Diritti umani, questi sconosciuti
L’inaccettabilità di questi Mondiali non si ferma agli stranieri morti dal 2010 ad oggi in cantieri di costruzioni. Diciamolo chiaramente: qualsiasi evento internazionale - sportivo e non - ospitato in un Paese che non rispetta i diritti umani fondamentali rappresenta un calcio vero e proprio agli stessi diritti civili.
Il Qatar è una monarchia assoluta dove donne, migranti e comunità LGBTQ+ sono apertamente discriminati. La principale fonte legislativa del Paese è la Sharia, e per fare qualche esempio in Qatar vige ancora la pena di morte, la lapidazione è legale, l’adulterio è punibile con la morte, gli atti omosessuali sono vietati con pene fino a sette anni di carcere ed è vietato anche bere alcolici.
La FIFA è soltanto una delle tante organizzazioni internazionali che nell’ultimo decennio ha iniziato a concedere eventi così importanti a Paesi con questo grado di rispetto per i diritti umani: un fenomeno che, come mi spiega Valerio, è da far risalire alle difficoltà economiche occidentali nell’organizzazione di un evento di tale entità:
Questa è una delle tante conseguenze della crisi economica del 2008, che ha colpito i Paesi occidentali e le democrazie, e molto meno i Paesi del Golfo così come altri Paesi dove - anche a causa dei sistemi di politica interna - la ricchezza risiede nelle mani di pochissime persone: Azerbaijan, Cina. A livello logistico ed economico, organizzare un evento in questi luoghi è molto più semplice.
Basti pensare che ormai i Paesi occidentali si devono mettere insieme per ospitare questo genere di competizioni. I Mondiali del 2026 si terranno in USA, Canada e Messico: se i primi due hanno la potenza economica necessaria ma non il bacino di tifo, il Messico ha un secolare tifo calcistico ma non una maturità economica di pari livello, e così hanno dovuto organizzarlo in maniera congiunta. Allo stesso modo, gli ultimi Europei di calcio sono stati itineranti.
Un trend
Ed è difficile che questo trend si interrompa, visto che la situazione economica occidentale si è aggravata attraverso la pandemia. La tendenza di portare tornei sportivi così globali in scenari così inconsueti non è interno soltanto al calcio: basti pensare che Baku, la capitale dell’Azerbaijan, ospita una tappa della Formula 1, Doha, la capitale del Qatar, ospita da anni una tappa della Moto GP, e che il mondiale di ciclismo del 2016 si è disputato sempre a Doha.
In futuro è sempre più probabile che questi grandi eventi si orienteranno versi nuovi Paesi come l’India (“mi stupisco che ancora non ci abbiano pensato, ma almeno lì ci sono le elezioni” commenta Valerio) ma anche la stessa Arabia Saudita: da qualche anno il Paese ospita già la Supercoppa Italiana, ma è possibile che a breve diventi la sede di un torneo di portata più grande anche per questioni di necessità.
Con questo Mondiale, il Qatar sta riuscendo a sottoscrivere diversi importanti accordi di forniture belliche. Non è ben chiaro il disegno complessivo secondo cui il Qatar è così interessato a continuare a investire nel calcio, ma il fenomeno rientra in quello che è forse il primo grande motivo per cui a Paesi e monarchie assolute come il Qatar conviene ospitare eventi internazionali: così facendo, riescono a stringere contatti e raggiungere sponsor, partner e aziende globali che altrimenti non avrebbero potuto coinvolgere, anche per via delle dinamiche sociali interne.
Oltre alle armi, sta arrivando dall’estero anche un’importante quota di personale militare: grazie al Mondiale il Qatar si sta costruendo l’immagine di un Paese piccolo ma decisamente armato, con tecnologie all’avanguardia: non mi stupirei se tra non molto un Mondiale dovesse essere assegnato all’Arabia Saudita, che è proprio la prima rivale qatariota ed è direttamente interessata dal rafforzamento militare di Doha.
Il Qatar, infatti, è uno stretto alleato con l’Iran - che non se la passa benissimo attualmente - ma è in rapporti decisamente ostili con i Paesi che la attorniano: Arabia Saudita, UAE, Bahrein, Egitto. Nel 2017 questo quartetto arabo aveva imposto una sorta di embargo proprio al Qatar, terminato soltanto a inizio 2021, a dimostrazione dei difficili equilibri che regnano in quell’area del mondo.
L’Italia che fa?
Abbiamo parlato dei lavoratori stranieri morti, del mancato rispetto dei diritti umani e delle mancate libertà per donne e omosessuali, ma per trattare tutti i lati loschi che si nascondono dietro Qatar 2022 ci sarebbe bisogno di tre, quattro puntate. Per riassumere:
dietro l’assegnazione di questo Mondiale si è svolta nel 2015 una maxi inchiesta internazionale che ha portato ad arresti di membri FIFA e a svelare almeno in parte un presunto sistema di corruzione. La corruzione ha probabilmente interessato anche la votazione di diverse Federazioni calcistiche africane, con cui da anni il Qatar stringe rapporti d’interesse per prelevare i giovani più talentuosi e inserirli nel proprio sistema calcistico, naturalizzandoli.
anche a livello ambientale, il Mondiale è da criticare sotto tantissimi punti di vista. Sette stadi su otto funzioneranno con sistemi di aria condizionata integrati, non solo sulle tribune ma anche in campo; Qatar Airways, la compagnia aerea di proprietà statale, sta pensando di organizzare un “servizio navetta” con le compagnie aeree regionali nei giorni delle partite, con almeno 60 voli giornalieri da e per Dubai (delle emissioni aeree ne abbiamo parlato anche qui su Mappe); il Qatar è infine caratterizzato dalla scarsità di acqua dolce, e il fatto che lo Stato dovrà puntare sulla desalinizzazione per rendere l’acqua potabile comporta enormi costi ambientali: nell’area del Golfo operano circa 300 impianti di desalinizzazione, e il loro funzionamento comporta un massiccio inquinamento delle acque salate.
L’ultima cosa che mi preme però segnalarti è la posizione dell’Italia. Spoiler: no, non basta che l’Italia non partecipi a questo Mondiale ospitato da un regime autoritario per ragioni sportive e il tweet che segue è ironico.
Ci sono tantissimi appassionati che parlano di boicottaggio e che rifiuteranno di guardare il Mondiale, per via di tutte le polemiche e gli scandali a cui è legato. Ma è da notare come all’estero la questione sia decisamente più affrontata e sensibilizzata, come mostra l’esempio di Valerio:
Bisogna parlare del boicottaggio, perchè è un concetto forte che attira attenzione. Ma per il momento tutto questo è un fenomeno molto più estero, mentre in Italia si fa silenzio: quest’estate, per esempio, doveva giocarsi in Austria un’amichevole tra Watford (club inglese) e la nazionale del Qatar: grazie alle proteste dei tifosi del Watford, l’amichevole è stata annullata. Tre giorni dopo si è invece disputata la partita tra Udinese (squadra italiana con la medesima proprietà del Watford) e la nazionale qatariota. Nessun professionista o persona appartenente al mondo dello sport italiano ha criticato o sta criticando l’organizzazione di Qatar 2022, a dimostrazione della totale indifferenza del Paese verso una questione così legata al rispetto dei diritti umani.
Partendo dai rapporti che intercorrono tra Renzi e lo Stato saudita, il rapporto Italia - Arabia Saudita (un altro Paese autocratico e con molte delle caratteristiche elencate per il Qatar) si sta sviluppando anche attraverso la Supercoppa Italiana, che nel 2023 si disputerà ancora a Riyadh. Con questa partita terminerà il contratto stipulato nel 2018 e che prevedeva lo svolgimento di tre edizioni in cinque anni, ma l’Arabia Saudita ha già formalizzato un’offerta da oltre 100 milioni di euro per ospitare le prossime edizioni della Supercoppa e altri eventi calcistici italiani.
Parlare del boicottaggio, delle controversie legate a Qatar 2022 e di altri eventi ospitati in questi Paesi serve anche per canalizzare l’attenzione e fare in modo che, a dispetto dell’indifferenza delle istituzioni sportive italiane, questo non ricapiti più. All’estero tutti ne stanno parlando e diverse aziende stanno adottando delle soluzioni di protesta (la danese Hummel ad esempio), mentre in Italia nessun professionista o figura pubblica sta parlando di Qatar 2022 per quello che è: un Mondiale criminoso.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
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Il podcast da ascoltare mentre stai guidando: finalmente posso consigliarvi il mio podcast preferito in materia di pallone. Vox2Box.
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