Uno dietro l'altro
#52 Mappe - Russia 🇷🇺: oggi è Alexei Navalny, ieri Anna Politkovskaja. Il minimo comun denominatore: Vladimir Putin.
Ciao, buona settimana!
Stai leggendo una nuova puntata di Mappe, la newsletter che ti parla di storie, culture e persone. Un Paese alla volta.
Senza avere informazioni dirette, fonti particolari o particolari predilezioni, è sempre difficile fare la differenza parlando di temi affrontati quotidianamente sui media.
Probabilmente l’avrai già notato: su Mappe per ora non abbiamo parlato della guerra in Ucraina, o di quanto sta succedendo a Gaza. Non perché sia così complicato capire come e in quale direzione orientare l’argomento, quanto perché rischierei soltanto di ripetere i tanti, accurati approfondimenti che si susseguono su carta e sul web.
Sarebbe il caso anche della morte di Alexei Navalny, attivista e dissidente politico russo morto pochi giorni fa nel carcere di Kharp, nella regione della Russia più vicina al Circolo Polare Artico: ne parlano tutti, ma la sua tragica scomparsa non è isolata e parte dalla giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja, figura su cui mi ero concentrato nella tesi di maturità.
Il minimo comun denominatore: Vladimir Putin. Parliamone.
Libertà di stampa
Non c’è da sorprenderci, perché parliamo di un Paese che vive in un regime dittatoriale da più di vent’anni, che mina ogni tipo di diritto fondamentale.
La Russia è drasticamente in fondo alla classifica calcolata dall’indice della libertà di stampa, stilata dall’organizzazione non governativa Reporter Senza Frontiere. Oscilla tra il 140° e 150° posto in classifica da vent’anni, dietro a Paesi come Venezuela e Afghanistan: certamente non l’emblema di diritti, libertà e democrazia.
In un contesto in cui la libertà di espressione e informazione è fortemente limitata, a partire da quella che si vorrebbe pronunciare contro il leader del Paese, è naturale che nascano degli attori che desiderano opporsi allo status quo, secondo quel meccanismo per cui a ogni proibizionismo corrisponde un movimento di contrabbando.
E così, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la testata Meduza si è erta a baluardo di un’informazione libera, pagando il prezzo di doversi trasferire in Lettonia per poter sopravvivere, nonostante i 9 milioni di lettori in suo possesso.
Prima di Meduza, era stata la giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja a pagare il prezzo della libertà d’informazione: la reporter di Novaja Gazeta - giornale di opposizione a cui nel 2022 è stata revocata la licenza di pubblicazione da un tribunale di Mosca, anticipando di pochi mesi le battaglie di Meduza - venne uccisa il 7 ottobre 2006 dopo aver accusato per anni le criminali violazioni dei diritti umani in Cecenia.
Così scrive Emmanuel Carrère sulla giornalista, nell’incipit di Limonov:
Prima che Anna Politkovskaja venisse ammazzata sulle scale del palazzo in cui abitava, il 7 ottobre 2006, soltanto chi si interessava da vicino alle guerre cecene conosceva il nome di questa giornalista coraggiosa, dichiarata avversaria della politica di Vladimir Putin. Da un giorno all'altro, il suo volto dall'aria triste e decisa è diventato in Occidente un'icona della libertà d'espressione.
La lista
La Politkovskaja, nel corso degli anni, è divenuta il simbolo del sanguinario regime di Putin.
Ma la lista dei bersagli colpiti da Vladimir Putin, in nome di un potere al momento inscalfibile, è sterminata. Soltanto pochi mesi fa abbiamo assistito alla misteriosa morte di Evgenij Prigožin, “cuoco di Putin” e poi mercenario rivoltoso con la ribellione armata che ci ha tenuti incollati alle breaking news lo scorso giugno, in uno schianto tra due aerei privati dove viaggiavano altri membri del gruppo Wagner.
Prima di lui abbiamo assistito all’avvelenamento da polonio di Aleksandr Litvinenko, ex-agente del KGB poi dissidente; l’uccisione di Anastasija Baburova - un’altra giornalista di Novaja Gazeta - e Stanislav Markelov - avvocato specializzato in diritti umani - nel 2009; la scomparsa dell’oligarca Ravil Maganov nel 2022, vicepresidente di Lukoil che aveva criticato l’invasione dell’Ucraina.
Una lista che oltre a questi nomi ne racchiude tanti altri, e che non dovrebbe lasciare spazio a qualsiasi ipotesi di giustificazione o minimizzazione delle azioni perpetrate da Putin, dal suo regime e dai suoi uomini di fiducia, nel proprio Paese e fuori da esso.
Navalny
Tornando alla stretta attualità, Alexei Navalny è stato per anni il principale oppositore di Putin: se di opposizione si può parlare, in un Paese che la elimina prima ancora di prevederla.
Navalny era stato condannato nel 2021 - al suo rientro dalla Germania - a diciannove anni di reclusione nel carcere di massima sicurezza di Kharp, in Siberia, a 2000 km da Mosca. Già nel 2020 era stato soggetto ad avvelenamento da Novichok, e al suo ritorno in Russia era stato immediatamente arrestato nell’aeroporto di Mosca.
In carcere, Navalny ha portato avanti le sue battaglie fino all’ultimo; un giorno prima della sua morte, sembra abbia intrapreso questo scambio di battute con un giudice del carcere:
La morte del dissidente russo è stata annunciata dalle autorità penitenziarie russe, per le quali Navalny avrebbe avuto un malore dopo l’ora d’aria, seguito da una “sindrome da morte improvvisa”. Le vere dinamiche probabilmente non verranno mai svelate - come per tanti dei casi citati in precedenza, d’altronde - e non a caso il suo corpo ancora non è stato consegnato alla famiglia.
Una struttura carceraria simil-gulag pensata per annichilire gli oppositori, leggi ad hoc per limitare la partecipazione civile alla vita politica, avvelenamenti, omicidi, intimidazioni di ogni sorta. La chiosa si ritrova nell’ottimo articolo di Maria Chiara Franceschelli, che ti consiglio di leggere:
È difficile sperare in un una rivolta sull’onda del suo omicidio. Al momento in Russia non ci sono le condizioni per una rivoluzione. Ma a Naval’nyj va il merito di aver unito nella lotta al potere di Putin voci radicalmente diverse, e di aver continuamente smascherato un regime che non riesce a fare i conti con il dissenso, se non assassinandolo.
Le reazioni in tutta Europa
In un Paese che presenta in uno dei suoi ministeri chi anni fa aveva detto “cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin”, non c’è da stupirsi se la polizia si sia sentita in dovere di identificare dodici persone che, domenica scorsa, hanno deposto dei fiori sotto la targa di Anna Politkovskaja, a Milano. Anzi, forse resta ancora spazio per stupirsi e indignarsi di fronte alla normalizzazione di una realtà distorta.
Esempi decisamente migliori arrivano dalla fiaccolata a Roma promossa da Calenda e altri membri dell’arco politico italiano, e dalle tantissime manifestazioni che si sono tenute in città europee come Berlino, Tallinn, Budapest, Parigi, Londra.
Anche Mosca e San Pietroburgo hanno assistito a decine di migliaia di persone che, coraggiosamente, hanno manifestato in ricordo di Navalny. Diverse di queste sono state successivamente arrestate, e i fiori deposti in ricordo dell’oppositore di Putin sono stati buttati. Anche in questo caso, non ci sarebbe da stupirsi ma dobbiamo continuare a farlo.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Alcuni articoli interessanti letti negli ultimi giorni: le teorie complottiste sull’influenza di Taylor Swift nelle elezioni americane; la Grecia ha legalizzato il matrimonio egualitario; da dove arrivano le proteste degli agricoltori in tutta Europa.
Il podcast da non perdere: Notte al Falò, podcast di Niccolò Agliardi x Vois dove ogni mercoledì parlano i protagonisti della musica italiana. Questa volta è il turno della mia band preferita:
Io sono Andrea Codega, ho 27 anni e mi piace moltissimo scrivere. Non solo di storie, culture e persone, ma con Mappe voglio provare a condividere il mio sguardo su tanti temi che ci circondano.
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A presto!
Sappi che ho messo like ancora prima di leggerla. E non me ne sono pentito.
Comunque stamattina, per qualche motivo, mi sono svegliato con in testa le scene del film Brazil di Terry Gilliam, che racconta di una realtà dittatoriale in stile 1984. Uno vorrebbe pure dire che è una realtà distopica, se non fosse che è tutto pesantemente reale, e anche lo stesso Orwell ci aveva visto giusto.
La cosa che però mi colpisce, è come i dittatori pensino di poter essere superiori alla storia e non guardare a come i regimi vengano regolarmente sovvertiti dai moti rivoluzionari. Ma anche questa è una visione ottimistica, dal momento che ci sono dittature che si reinstallano a ciclo continuo nonostante sembra che vengano rovesciate (tipo quasi tutti gli stati della primavera araba o il Myanmar) e altre che terminano solo per la morte del dittatore (come Franco). Ovviamente nessuno può sapere cosa passi per la testa di uno come Putin ed è comprensibile che voglia mantenere il potere a tutti i costi. La speranza qui è che la visibilità che ha un paese come la Russia sullo scacchiere internazionale, rispetto ai paesi sopra citati, porti comunque a un'opposizione più forte. Ma anche questo è un bel sperare.
Io ho appena scoperto la tua newsletter e mi sembra di essere finita in un posto che fa per me.
Ciò detto,
" non c’è da stupirsi se la polizia si sia sentita in dovere di identificare dodici persone che, domenica scorsa, hanno deposto dei fiori sotto la targa di Anna Politkovskaja, a Milano"
Io ho appena detto a voce altissima un macosacazzo perché non lo sapevo.
Poi c'è ancora chi si stupisce che l'Italia pulluli di figuri pro Coso ovunque