Bari, 8 agosto 1991
#78 Mappe - Albania 🇦🇱: per parlare del centro di deportazione odierno, serve un passo indietro. All'Albania di trentatré anni fa e a uno sbarco - a Bari - che ha cambiato il tema dell'immigrazione.
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Prima dell’aspetto economico e politico, ciò che disturba del nuovo centro migranti costruito dal governo italiano in Albania è l’aspetto umano e la volontà di spettacolarizzazione di un tema che spettacolare proprio non è.
Ferdinando Cotugno su Rivista Studio lo definisce casting della deportazione, e mi sembra il termine più calzante. Lo è sicuramente meno il “verde speranza” con cui questo articolo del Corriere definisce i pavimenti della struttura, quando sono altri dettagli - le recinzioni alte 5 metri - a suggerire definizioni più accurate.
Da verde speranza a senza speranza: l’opera tanto agognata dal governo Meloni, costruita a Gjader all’interno di un accordo con l’Albania del primo ministro Edi Rama, ha già ricevuto una prima e fragorosa battuta d’arresto.
Nei primi cinque di giorni di apertura, mentre sedici migranti sono stati “selezionati” a Lampedusa per salire a bordo della nave della Marina militare Libra e raggiungere il centro di detenzione, sulle coste italiane sono sbarcati più di 2mila migranti. Inoltre, quattro dei sedici sono stati immediatamente trasferiti in Italia: due minori, e due persone con problemi di salute.
In giorni di legge di bilancio, è assai ironico vedere quasi 300mila euro spesi per questo triste spettacolo di branding, compresi in circa 800 milioni di euro destinati all’intero progetto. Ma l’aspetto economico è l’ultimo dei problemi.
Tempo qualche ora, e a prendere le redini della questione è stato il Tribunale di Roma: sulla base di una sentenza della Corte di Giustizia Europea, i trasferimenti in Albania dei dodici migranti non sono ammissibili poiché i loro Paesi di origine non sono considerati sicuri (Egitto e Bangladesh).
Già da settimane, diversi esperti avevano sollevato molti dubbi giuridici sull’intera operazione. Ma il dibattito si è già spostato sulle ingerenze politiche nella magistratura italiana, non sulle enormi fragilità - eufemismo - del progetto.
L’ultimo aspetto da registrare - e poi passiamo ad altro - è l’ammirazione che diversi leader europei hanno manifestato per l’operazione: Von der Leyen ha elogiato il centro migranti e anche il primo ministro britannico Keir Starmer vuole emularlo, mentre - come scrive in questo reportage Matteo Castellucci su Il Post - la situazione in Regno Unito ha già le sue criticità.
Oggi non parliamo di presente ma di trentuno anni fa.
Se già nella scorsa puntata sul Costa Rica abbiamo parlato di come l’immigrazione sia il primo tema attorno a cui si stringe la polarizzazione politica che osserviao negli USA e anche qui in Italia, forse è utile ripartire proprio dall’Albania e dall’8 agosto 1991. Per capire da dove e come nasce questo fenomeno.
Bari, 1991
Il dibattito sull’immigrazione si concentra in questi giorni sul centro di deportazione in Albania, ed è proprio dall’Albania che l’Italia ha imparato a conoscere - nell’ultimo trentennio - questo concetto.
Bisogna tornare al porto di Durazzo, in Albania: circa 20mila persone, il 7 agosto 1991 riuscirono a sequestrare la nave Vlora. La nave era giunta in Albania da Cuba con un carico di canna da zucchero, e le migliaia di albanesi salite a bordo la obbligarono a salpare in direzione Bari, Italia.
Le documentazioni fotografiche dell’arrivo della nave nel porto di Bari sono il simbolo dell’inizio di un fenomeno che, nel corso degli anni, si è esteso a molti più Paesi e ha interessato i km di coste italiane.
In realtà, già da mesi diverse migliaia di albanesi erano riusciti a raggiungere l’Italia con imbarcazioni più piccole, ma la scenografia dello sbarco dalla Vlora ha reso quel momento il simbolo di un fenomeno che, dall’Est Europa e dall’Africa, ha raggiunto l’Italia e l’intero continente europeo.
Eldorado
In quegli anni, per gli albanesi l’Italia era un’autentica e propria Eldorado: una terra piena di possibilità e con condizioni di vita drasticamente opposte a quelle presenti nel Paese balcanico.
Un’Eldorado vicinissima: nel suo punto più stretto, la distanza tra coste albanesi e italiane è di soli 71 km.
La disperazione e la foga con cui 20mila persone si sono appropriate della Vlora sono da ricondurre alla caduta della Repubblica Popolare Socialista d’Albania, la forma di governo che ha trainato il Paese dal 1976 al 1991.
Sul finire degli anni Ottanta, il regime di stampo comunista e gli ultimi anni di governo del presidente Enver Hoxha avevano lasciato un’Albania isolazionista e autarchica, dopo decenni di fortissime repressioni, e in uno stato generale di povertà.
Un mix tra una leggera apertura politica da parte del neo-segretario Ramiz Alia e il susseguirsi di manifestazioni studentesche e scioperi avevano portato alla sconfitta del comunismo nelle elezioni del 1992, vinte da Sali Ram Berisha. Negli stessi mesi, i flussi di immigrazione verso l’Italia erano cresciuti notevolmente.
Integrazione
Questo editoriale di otto anni fa di Massimo Cirri - tra l’altro mio professore di Teorie e tecniche della comunicazione radio-televisiva qualche anno fa, ma non credo se lo ricordi - svela come, per l’Albania, abbiamo smesso di parlare velocemente di immigrazione.
Nel 1991, l’Italia non era pronta a fronteggiare quell’improvviso flusso di persone arrivate dall’Est Europa, e quasi tutti i passeggeri della Vlora vennero prima scortati nello Stadio della Vittoria, e poi riportati in Albania.
Solo in 1.500 circa rimasero in Italia, e solo successivamente venne stipulato il primo accordo tra Roma e Tirana per favorire l’immigrazione regolare.
Trent’anni dopo, l’immigrazione albanese si è rapidamente evoluta in integrazione, tanto che oggi parliamo di Arbëreshë per definire una vera e propria minoranza etno-linguistica albanese, distribuita soprattutto in Calabria.
Oggi, quella albanese, è la seconda comunità straniera più presente in Italia dopo quella rumena: la Romania pesa per circa un quinto sul totale, mentre gli albanesi regolarmente presenti sono circa l’8% - poco più di 400.000 persone -.
A tal proposito, mi ha sempre fatto riflettere questa statistica relativa alla percezione della presenza straniera in Italia: per un italiano su quattro, gli stranieri in Italia sono più del 20% sul totale della popolazione.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Alcuni articoli interessanti letti in questi giorni: la caduta del mito della Silicon Valley su Rivista Studio; come la Bolivia del calcio cerca di sfruttare l’altitudine su L’Ultimo Uomo; il cortocircuito del PNRR in Sicilia su Linkiesta; come sta cambiando la technokultur a Berlino su Outpump;
L’episodio di Mappe da rileggere: la scorsa estate Mappe era andata in Grecia insieme a Nicolas Lozito, per parlare di ambiente e cambiamento climatico.
Il podcast da non perdere: è arrivato il nuovo, atteso podcast di Pablo Trincia. Parla della valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano, in Abruzzo, nel 2017.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Negli ultimi giorni, la Cina ha accerchiato l’isola di Taiwan: non è la prima volta a cui assistiamo a queste “esercitazioni” cinesi, arrivate in seguito a una delle ultime dichiarazioni del presidente taiwanese Lai Ching-te, in cui respinge le rivendicazioni di sovranità di Pechino sull’isola.
Nella puntata qui sotto, avevamo parlato proprio di Taiwan. E delle isole Matsu: un arcipelago che è il simbolo della questione taiwanese.
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Sempre letture interessanti.
Riguardo al passaggio sull'Arbëreshë, penso che il termine sia da riferire alle comunità albanesi in italia create ormai secoli fa. Certo una parte dell'immigrazione albanese degli ultimi 30 anni può aver raggiunto le comunità già presenti.
Nel 2021 uscì un podcast per raccontare la storia della Vlora nel trentennale, fu molto interessante ascoltarlo per me che ho memoria diretta di quei giorni. Benché fossi ancora piccola e capissi poco di tutta la faccenda, mi è sempre rimasto impresso il ricordo di tutte quelle persone sulla barca.