Strappare lungo i bordi... del Messico
#87 Mappe - Messico 🇲🇽: il 2025 e il quadriennio di Trump si leggeranno anche attraverso l'immigrazione proveniente dal Messico.
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Endorsement
Il 2024 e il 2025 si sono chiusi e aperti allo stesso modo: con il nuovo co-presidente degli Stati Uniti d’America e uomo più ricco del mondo, Elon Musk, che sta cercando di mettere becco su qualsiasi cosa stia accadendo nel mondo.
Il 2025 sarà un anno cruciale per gli equilibri democratici e politici mondiali a partire dall’insediamento di Donald Trump come nuovo presidente degli USA, previsto per il 20 gennaio, al Campidoglio.
La curiosità sul prossimo quadriennio trumpiano si riversa direttamente su Elon Musk: in passato si era definito democratico, poi nel 2021 aveva pubblicato un meme - qui sotto - in cui caricaturava la presunta estremizzazione della sinistra woke e progressista. Da lì, il passo è stato breve: l’endorsement ufficiale a Trump lo scorso luglio, una marea di tweet quotidiani pieni di falsità e la nomina a capo del DOGE: un nuovo “Dipartimento per l’efficienza del governo”.
L’ultimo capitolo sul nuovo volto politico di Musk riguarda la sua presa di posizione su tante, tantissime, innumerevoli questioni straniere: ha firmato niente meno che un editoriale a sostegno dell’AfD - il partito di estrema destra in Germania - in vista delle elezioni tedesche di febbraio; si è schierato a favore dei fallimentari centri per migranti in Albania voluti dal governo italiano; negli ultimi giorni ha sparato a zero anche sul primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, con grosse provocazioni.
Trump 2.0
Già in queste settimane di pre-insediamento, il binomio Trump-Musk promette di essere una discreta bomba incendiaria.
Uno dei principali segni di distanza dal primo quadriennio di Trump con quello che sta per iniziare è proprio l’assenza di una “seconda” figura forte al suo fianco, quale sarà Musk.
Un probabile segno di continuità sarà, invece, l’approccio del governo repubblicano sul tema dell’immigrazione: la principale fonte di polarizzazione del dibattito politico occidentale, che già ha indirizzato in maniera decisiva la corsa presidenziale negli USA.
I prossimi quattro anni degli USA si potranno dunque leggere attraverso il Messico: un vicino di casa ingombrante soprattutto in chiave migratoria.
Come scrive Mario del Pero su ISPI, “nella dialettica tra nazionalismo razziale e nazionalismo civico che ha spesso contraddistinto la storia degli Usa, è decisamente il primo a qualificare la promessa trumpiana. […] Vi è un’America da riaffermare, liberandola da migranti e stranieri”.
Più volte, durante la campagna elettorale, Trump ha definito gli immigrati come “animali”, oppure ha millantato la possibilità che gli immigrati haitiani mangiassero cani e gatti in Ohio.
Messico e Canada
Da pochi mesi il Messico può contare sulla prima presidente donna della sua storia: Claudia Sheinbaum. A 62 anni e con posizioni politiche di sinistra, il suo mandato presidenziale appena iniziato si interseca con il narcotraffico interno al Paese e con le forti pressioni di Donald Trump sul tema migratorio.
Già nelle scorse settimane, Sheinbaum ha dichiarato di non voler accogliere le pressioni di Trump in direzione di un rafforzamento della barriera che divide i due Paesi.
Dal canto suo, Trump mira a diminuire drasticamente il numero di immigrati irregolari che passano attraverso il confine USA-Messico anche attraverso minacce e dazi: qualche settimana fa ha annunciato di voler aumentare i dazi a Messico e Canada, non appena al governo, per un maggior contrasto all’immigrazione irregolare e per limitare l’arrivo negli USA del fentanyl, che ha portato a quasi un milione di overdose mortali negli ultimi trent’anni.
Il muro di Tijuana
I chilometri di terra attorno a cui corre il confine che separa USA e Messico sono quasi 3.000, passando per aree dove - scrive Francesco Del Vecchio su Borders - ci sono città come Ciudad Juarez ed El Paso, esattamente l’una di fronte all’altra. Piena di violenza la storia della città messicana, decisamente più sicura la gemella statunitense.
Lungo questo confine troviamo il muro di Tijuana, una barriera costruita dai governi statunitensi a partire dal 1990 per limitare l’immigrazione illegale proveniente dal Messico. Il muro ha presto assunto l’immagine di Trump, dal momento che fin dal suo arrivo alla Casa Bianca il presidente americano ha millantato un potenziamento della barriera che poi - nei fatti - non è avvenuto più di quanto non era successo nei decenni precedenti.
L’immigrazione che spinge alle porte del Messico è ingente, da diversi anni: negli USA vivono più di 11 milioni di persone nate in Messico, ma è l’intero Centro America a rifornire l’ondata migratoria. Da Paesi con scarse condizioni sociali come Nicaragua e Honduras, da Paesi corrotti come il Guatemala oppure segnati dalla violenza delle gang come El Salvador.
Non solo: stando ai dati Unicef, l’immigrazione che dall’America Centrale spinge verso il Messico è rappresentata per il 25% dai bambini, come accade nell’Africa Sub-Sahariana. Una persona su quattro che bussa da Sud agli Stati Uniti è un minore.
Per questa infinita carovana, gli Stati Uniti rappresentano un Eldorado da raggiungere quasi a tutti i costi. Stando ai dati di un anno fa forniti dalla CNN, si è arrivati anche a toccare la cifra record di 10.000 migranti che ogni settimana tentano di strappare i bordi degli USA attraverso il confine con il Messico.
La situazione si è gravemente acuita dopo la pandemia e ha visto una nuova crescita dopo l’eliminazione del Titolo 42 da parte di Joe Biden, ormai ex-presidente americano, nel 2023: una misura di salute pubblica che era tornata in vigore nel 2020 e che permetteva agli Stati Uniti d’America di rispedire i migranti “al mittente” senza attendere l’esito negativo di una regolare domanda d’asilo.
C’è da aspettarsi che, nel 2025, l’immigrazione sarà al centro delle prime politiche attuate dal binomio Trump-Musk, anche attraverso azioni e rimpatri simbolici e dall’alto impatto mediatico, distanti però dalla risoluzione di una grave crisi umanitaria. Come dici? Sì, esatto, come fatto in Albania dal governo italiano.
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Alcuni articoli interessanti letti durante le vacanze di Natale:
Le lezioni - anche severe - che ci ha impartito il 2024, il cosiddetto ‘anno della democrazia’, sul Financial Times
Una riflessione su tutto ciò che non sta funzionando nella lotta alla pirateria da parte delle autorità italiane, su L’Ultimo Uomo
Dall’inizio dell’anno in Norvegia non si possono immatricolare auto a benzina o diesel, su Il Fatto Quotidiano
Bell’idea: cento prime pagine per riassumere il 2024, su Il Post
Il calendario geopolitico del 2025, su Le Grand Continent
La puntata di Mappe da rileggere: una delle primissime escursioni di Mappe, risalente a tre anni fa. La Cina 🇨🇳 attraverso gli occhi dell’artista dissidente Badiucao.
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: da qualche settimana Matteo Caccia sta conducendo Orazio, su Il Post. Imperdibile, su tutte, questa puntata.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Tra i tanti aspetti, il 2025 sarà anche l’anno del terzo G20 consecutivo ospitato da un Paese BRICS, cioè considerato come una delle economie mondiali emergenti.
Questo gruppo si è recentemente allargato a dieci partecipanti, con l’aggiunta di Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran, e dal 2010 include il Sudafrica 🇿🇦 insieme a India, Russia, Brasile e Cina.
Dopo gli ultimi G20 ospitati a Nuova Delhi e Rio de Janeiro, sarà la volta del Sudafrica: un Paese la cui capitale, Città del Capo, è tra le dieci città più pericolose al mondo.
Ne avevamo parlato più di un anno fa, nella puntata che trovi qui sotto: la presidenza del G20 - un gruppo di 20 Paesi che pesa per oltre l’80% del PIL mondiale - e l’incontro previsto a Città del Capo a fine novembre saranno una grande sfida per il più avanzato Paese africano.
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