Dazi amari per il Sud-est asiatico
#101 Mappe - Cambogia 🇰🇭: dopo la Cina, è uno dei Paesi più colpiti dai dazi di Trump. Come l'intero Sud-est asiatico.
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Dazi amari
L’immagine che ha - inevitabilmente - fatto il giro del mondo nelle ultime settimane è quella che ritrae la lista dei dazi annunciati da Donald Trump. Quasi fosse il menù di un ristorante.

Quando un termine diventa improvvisamente così comune, spesso ce ne si riempie la bocca senza averlo davvero compreso: quindi è utile partire da cosa sia un dazio.
Concretamente, i dazi sono un’imposta applicata sulle merci che giungono in un Paese straniero: la percentuale che si legge anche nell’immagine qui sopra viene applicata al prezzo di vendita. In questo caso, dunque, i dazi applicati dagli USA si rivolgono alle merci importate dall’estero per scoraggiarne l’arrivo.
Imprevedibilità e contraddizione sono due delle principali cifre stilistiche che stanno contraddistinguendo i primi mesi del secondo mandato di Donald Trump: attraverso questa confusione si legge il tentativo della presidenza degli Stati Uniti di porsi al di sopra di qualsiasi equilibrio internazionale. Lo abbiamo scritto più volte: nel voler appropriarsi della Groenlandia senza battere ciglio, nell’inserirsi prepotentemente nelle vicende politiche di Inghilterra e Germania su tutte, rivediamo i tratti distintivi del Trump-bis.
Funziona così anche per il meccanismo dei dazi commerciali, calcolati in maniera bizzarra da Donald Trump e con cui sembra voler dichiarare guerra al mondo. Alla Cina, sicuramente, ma in seconda battuta anche all’Unione Europea.
Dietro ai dazi applicati alla Cina - che ora hanno toccato quota 145% -, troviamo i Paesi del Sud-est asiatico come area geografica maggiormente danneggiata: il 46% applicato al Vietnam, 36% alla Thailandia, 37% al Bangladesh, 44% a Sri Lanka e - più degli altri - 49% alla Cambogia 🇰🇭.

La Cina come partner economico
Pochi giorni fa, proprio il presidente cinese Xi Jinping ha concluso in Cambogia la serie di incontri con i leader dei Paesi del Sud-est asiatico, con l’obiettivo di fare fronte comune nei confronti dei dazi stabiliti dal governo americano.
La sua visita a Phnom Penh - capitale della Cambogia - mostra il perché l’intera area sia entrata nelle mire di Trump: oltre a ristabilire una reciprocità negli scambi economici, l’obiettivo primario dell’intero sistema di dazi - seppur nella sua imprevedibilità - riguarda la Cina, in una guerra commerciale che ormai si estende in ogni angolo del globo.
Nel Sud-est asiatico la Cina è il principale partner commerciale, anche per vicinanza territoriale, insieme agli Stati Uniti e lo è diventato ancora di più nell’ultimo decennio. Non solo: come scrive ISPI, i Paesi di quest’area sono diventati le sedi degli impianti di diverse aziende multinazionali, che prima concentravano la propria presenza soltanto in Cina. Questo piano di diversificazione ha anche un nome: “China +1 Strategy”.
Import ed Export
Arrivando alla Cambogia, i dazi applicati partono proprio dall’enorme e naturale disavanzo tra import/export nei confronti degli USA.
Stando ai dati di OEC World del 2023, la Cambogia esporta circa il 35% delle proprie merci agli Stati Uniti, ma l’importazione dagli stessi Stati Uniti pesa soltanto per l’1%. Al contrario, le esportazioni verso la Cina pesano per circa il 5,7% mentre le importazioni dal gigante asiatico arrivano a toccare il 39% del totale.
L’equilibrio tra i due flussi è totalmente opposto: per gli Stati Uniti il disavanzo è arrivato a pesare quasi 12 miliardi di dollari. Inoltre anche in Cambogia, come nel resto del continente, l’influenza cinese cresce ogni anno: se nel 2023 la Cambogia ha importato merci dalla Cina per 12 miliardi di dollari, soltanto nel 2013 la cifra toccava i 6 miliardi per le importazioni da Singapore, mentre con la Cina non arrivava a 4 miliardi.
Per capire la grande attenzione rivolta al Sud-est asiatico, si parte necessariamente dai numeri appena visti: la situazione accomuna alla Cambogia anche la Thailandia - la Cina come primo Paese da cui importa, gli USA come primo Paese verso cui esporta -, il Vietnam - per cui vale il medesimo discorso - e il resto dell’area, dove la Cina si sta rapidamente avvicinando a divenire il primo partner commerciale anche per esportazioni.
Khmer rossi
In tutto questo, la Cambogia non versa in una situazione economicamente florida: l’introduzione di tariffe così elevate, verso Paesi così sbilanciati verso l’export, rischia di metterne severamente a rischio la stabilità commerciale.
Sempre guardando alle esportazioni del Paese, la voce principale arriva da abbigliamento e calzature. Oltre la metà delle aziende specializzate in questo settore sono di proprietà cinese. A fianco, gli altri pilastri su cui si fonda l’economia cambogiana sono il turismo e il settore primario, attraverso la coltivazione di riso, grano, anacardi e tapioca.
Anche storicamente, le tappe della Cambogia sono state tumultuose: territorio alle dipendenze francesi fino al 1953, il Paese ha vissuto un terribile genocidio tra il 1975 e il 1979, durante il quale morì un quarto della popolazione.

I responsabili sono i Khmer rossi, braccio militante del Partito Comunista cambogiano: anche alleati del Vietnam del Nord contro l’intervento statunitense, salirono al potere nel 1975 e nel giro di quattro anni tentarono di “purificare” la Cambogia, soprattutto dalle classi sociali più colte. Il regime sanguinario terminò nel 1979, con l’intervento militare vietnamita, la cacciata degli Khmer rossi e l’instaurazione della Repubblica Popolare di Kampuchea.
Quest’anno si celebrano proprio i cinquant’anni dall’entrata degli Khmer rossi a Phnom Penh, guidati dal leader Pol Pot. Soltanto due anni fa il Tribunale speciale chiamato a processare i responsabili dei crimini ha concluso il suo iter di giudizio, emettendo condanne soltanto per tre persone.
🇰🇭🇰🇭🇰🇭
E per finire
La foto più /aesthetically pleasing/ vista di recente: questa volta non è un angolo esteticamente appagante, ma è degno di nota. Lo scatto che ha vinto il World Press Photo 2025 è di Samar Abu Elouf, ritrae un ragazzino palestinese e i tragici effetti dei bombardamenti israeliani.

La puntata di Mappe da rileggere: un longform per parlare di Iran 🇮🇷, per ripercorrere la storia della bomba atomica e del multipolarismo.
Alcuni articoli letti in questi giorni:
Nicola Lagioia scrive dell’eredità letteraria di Mario Vargas Llosa, uno dei massimi esponenti della letteratura sudamericana, su Lucy
La promozione senza affidarsi ai social, a cura di Valentina Tonutti nella sua newsletter Fuori dal PED
La grande crisi diplomatica tra Francia e Algeria, su Il Post
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: una bella intervista dell’esploratore italiano Alex Bellini sulla sua attività internazionale, al podcast Il Bazar Atomico.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Come scrive la giornalista Vitalba Azzollini su Valigia Blu, in questi giorni presso la Camera si sta discutendo il decreto che modifica la legge n. 14/2024, che regola la collaborazione tra Italia e Albania sui centri di detenzione per migranti, su suolo albanese.
Il decreto fa acqua da molte parti, seppur sia difficile raggiungere la quantità prodotta dalla stessa apertura dei centri di Shengjin e Gjader.
Qualche mese fa, nella puntata qui sotto, avevamo parlato proprio di Albania 🇦🇱. Gli stretti rapporti con l'Italia - anche sul fronte migratorio - nascono da uno sbarco risalente a trentaquattro anni fa, a Bari.
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