Dubliners
#97 Mappe - Irlanda 🇮🇪: un paradiso fiscale per decine di aziende multinazionali. Tra Global Minimum Tax, Donald Trump e case farmaceutiche statunitensi.
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Dubliners
Se per James Joyce, uno degli scrittori più famosi del XX secolo, i Dubliners erano un fedele specchio dell’Irlanda di circa cento anni fa, possiamo tranquillamente dire che a un secolo di distanza quest’affermazione è ancora attuale.
Con una differenza: oggi non parliamo più di persone, ma di aziende. Ecco, la grande quantità di imprese multinazionali che pullula in Irlanda - in particolare nella capitale Dublino - è il fedele specchio del paradiso fiscale rappresentato dall’Irlanda, uno dei dieci Paesi al mondo dove le aziende pagano meno imposte.
Multinazionali a Dublino
Google, Meta, Amazon, Microsoft, Twitter, LinkedIn, Airbnb, Accenture, HSBC, Citibank, Pfizer, Medtronic, Apple, Dell, IBM, Intel, Dropbox, Airbnb, PayPal, Stripe, Square, HubSpot, Snapchat, Verizon Media, Pinterest.
Queste sono soltanto alcune delle tante aziende internazionali che hanno aperto una sede operativa a Dublino negli ultimi anni.

Insieme a Svizzera, Olanda, Lussemburgo e Isola di Jersey - lo so, questa non la conoscevi, è la più grande isola nello stretto della Manica -, l’Irlanda è una delle cinque “entità” europee a rientrare tra i dieci Paesi al mondo con le migliori condizioni fiscali. Da questo dato, si stima che i Paesi dell’Unione Europea siano responsabili di un terzo degli abusi fiscali mondiali da parte delle imprese.
La Brexit ha indubbiamente accelerato il processo: diverse aziende si sono spostate dal Regno Unito all’Irlanda per poter avere un accesso facilitato al mercato europeo. Il tutto, in un regime favorevole: i redditi commerciali sono sottoposti a un’aliquota del 12,5%, una delle cifre più basse d’Europa.
Global minimum corporate tax rate
Lo scenario multinazionale di Dublino non è cambiato nemmeno di fronte all’implementazione di una tassa globale minima sui guadagni delle aziende multinazionali: la cosiddetta Global Minimum Tax è stata stabilita da 136 Paesi firmatari nel 2021, nell’ambito di un processo di revisione del sistema fiscale globale voluto dall’OCSE - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico -.
La Global Minimum Tax stabilisce un’aliquota fiscale minima globale pari al 15% per tutte le realtà internazionali, ed è entrata ufficialmente in vigore all’inizio del 2024 per i Paesi europei che hanno firmato l’accordo, con l’obiettivo di ridurre la competizione fiscale.

Anche l’Irlanda ha preso parte a questa misura, seppur con qualche riluttanza iniziale dovuta al suo sistema fiscale decisamente favorevole: il gap competitivo che aveva creato da diversi anni rischia di ridursi attraverso questa misura di tassazione globale.
Inoltre, l’Irlanda è decisamente gelosa della propria sovranità fiscale nonostante il grosso gettito derivante dalle corporate tax non si tramuti in una vera e propria crescita economica del Paese: la forte crescita del suo prodotto interno lordo negli ultimi dieci anni non è stata accompagnata da una generazione di ricchezza per la popolazione irlandese.
Le multinazionali con sede a Dublino appoggiano, in diversi casi, i cosiddetti intangible assets in Irlanda, e non l’effettiva produzione di beni.
Trump e le case farmaceutiche statunitensi

Come avevamo già raccontato negli scorsi mesi, nelle prime settimane della sua seconda presidenza Donald Trump ha firmato una serie spropositata di ordini esecutivi: quarantadue soltanto nelle prime dodici ore.
Tra questi, figura proprio l’ordine esecutivo relativo alla fuoriuscita degli USA dall’accordo raggiunto dall’OCSE - di cui gli USA fanno parte - sulla Global Minimum Tax: lo specchio del rifiuto di Trump per qualsiasi soluzione “globalista” e un’anticipazione di quanto si è visto nelle settimane successive, attraverso l’imposizione dei dazi commerciali.
Negli ultimi giorni, Donald Trump si è rivolto anche nei confronti dell’Irlanda, sede di moltissimi colossi farmaceutici statunitensi, in occasione dell’incontro alla Casa Bianca con il primo ministro Micheàl Martin.

A partire da Pfizer, sono diverse le aziende pharma americane a essersi “trasferite” negli ultimi anni a Dublino, con il risultato di vedere le esportazioni irlandesi verso gli USA cresciute del +34% - tra 2023 e 2024 -. In questo articolo di Internazionale si illustra molto bene la situazione vantaggiosa che è riuscita a crearsi, negli anni, l’Irlanda sul fronte dei prodotti farmaceutici.
Di fronte a questo rapporto di forza, Donald Trump ha minacciato di imporre dei dazi commerciali anche all’Irlanda, sul solco del “gioco” di imposizioni commerciali degli USA verso l’Unione Europea su acciaio e alluminio, di fronte alle quali la Commissione Europea ha stabilito un’adeguata contro risposta sulle merci statunitensi a partire dall’1 aprile.
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E per finire
La foto più /aesthetically pleasing/ vista di recente:

La puntata di Mappe da rileggere: quella sulle Filippine 🇵🇭, uno dei tanti Paesi costieri minacciati dal riscaldamento climatico e l’innalzamento del livello dei mari.
Alcuni articoli letti in questi giorni:
La situazione “sul campo” in Ucraina, tre anni dopo, spiegata da ISPI
Adolescence, una serie che parla dell’impotenza e inadeguatezza degli adulti, su Rivista Studio
El Salvador ha accolto centinaia di detenuti espulsi dagli USA, su Internazionale
Come cambia la nostra personalità nel corso della vita, sul New Yorker
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: dopo l’ultima puntata sulla Corea del Nord 🇰🇵, ora devi per forza seguire i video di Nicolò Balini sul viaggio. Qui sotto ti lascio il primo della serie:
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
La scorsa settimana è stato arrestato a Istanbul Ekrem Imamoglu, attuale sindaco della città turca e il principale oppositore politico di Recep Tayyip Erdoğan, presidente del Paese.
Il pretesto dell’arresto è da ricondurre a un’accusa di presunta corruzione e presunti legami con il PKK, il Partito dei Lavoratori in Kurdistan.
In una delle primissime puntate di Mappe avevamo parlato di Turchia 🇹🇷 e di Erdoğan, da tempo impegnato a ridare una certa centralità alla Turchia sullo scacchiere geopolitico. Nel frattempo la sua popolarità nel Paese è calata, e Imamoglu sembra essere una delle poche personalità politiche a poter accogliere questo malcontento.

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