Cuba senza elettricità
#103 Mappe - Cuba 🇨🇺: un reportage inedito da un Paese che accede all'elettricità per poche ore al giorno e sembra appartenere ancora al Novecento.
Ciao, buon lunedì!
Nuova settimana, nuova puntata di Mappe: la newsletter che ti parla di storie, culture e persone. Irriducibilmente un Paese alla volta, ogni lunedì mattina.
La mia notizia preferita della settimana è sicuramente il blackout elettrico che ha coinvolto Spagna, Portogallo e parte della Francia. Una copia aggiornata di quanto era avvenuto in Italia, nel famoso settembre del 2003.
In Spagna l’hanno denominato apagòn: come sempre le parole ispaniche per descrivere questo tipo di avvenimenti sono quasi onomatopeiche, ricorda il suono di quando si spegne la luce.
L’apagòn è durato alcune ore - quasi un giorno intero, in alcune zone - e ha interessato l’intera penisola iberica: non sono ancora note le possibili cause, ma forse abbiamo realizzato quanto *davvero* dipendiamo dall’elettricità.
Rimane negli occhi la potenziale gravità della situazione, se avesse dovuto protrarsi per più giorni. La situazione però si è ristabilita, e allora vale la pena di dirigerci in uno scenario completamente distante: a Cuba l’elettricità non esiste da molto tempo.
Due ore al giorno
Da ormai diversi mesi, su quasi l’intero territorio cubano l’elettricità è presente soltanto per due ore al giorno o poco più.
Questa cifra arriva da una freschissima testimonianza di uno dei tanti lettori di Mappe, che si è recato a Cuba nelle ultime settimane e ha realizzato gli scatti che vedrai nei prossimi paragrafi.
Non è una novità: già nell’agosto del 2024, l’Empresa Eléctrica de La Habana - capitale del Paese caraibico - aveva preannunciato i primi “black-out solidali”, necessari e programmati, per via della crisi elettrica in cui versa l’isola.
Se la situazione nella capitale di 2 milioni di abitanti è più stabile, nel resto del territorio il black-out è la normalità: a Cienfuegos, Trinidad e altri centri urbani minori, le ore con la rete elettrica a disposizione diventano l’eccezione.

Venezuela
Come abbiamo realizzato nelle poche ore di apagòn in terra iberica, l’elettricità è al centro delle attività umane. La situazione in cui versa Cuba da mesi ha dei forti impatti sulla vita di una popolazione immersa in povertà da decenni, per via dell’embargo - denominato bloqueo - orchestrato dagli Stati Uniti dal 1960 e per l’estremo statalismo che ha contraddistinto i sessant’anni di socialismo al potere.
Le cause della crisi energetica, in questo caso, sono piuttosto chiare: l’intero sistema elettrico nazionale si basa su poco più di una decina di centrali elettriche di fabbricazione sovietica, e sono ormai obsolete.
A fianco di una scarsa manutenzione delle centrali, si aggiunge la mancanza di carburante per alimentarle: fino a qualche tempo fa, il Venezuela fungeva da principale partner petrolifero per Cuba, ma ora la situazione è cambiata.
Intanto, è cambiata la storia del Venezuela: nel 1971 era il Paese più ricco del Sudamerica grazie alle riserve di petrolio, ma la scarsa differenziazione delle risorse e - anche in questo caso - la gestione di stampo socialista della propria economia ha portato a un tracollo fragoroso. Ne avevamo parlato anche nella puntata di Mappe proprio sul Venezuela: dal 2014 al 2021, l’economia del Paese si è contratta addirittura del 70%.
La crisi interna venezuelana ha avuto un inevitabile impatto sull’import di Cuba: nel 2011 riceveva 96.000 barili di petrolio venezuelano al giorno, e sul finire del 2024 la cifra era scesa addirittura a 28.000 barili.
Negli ultimi mesi la situazione si è leggermente ristabilita, ma la revoca della licenza di esportazione del petrolio venezuelano da parte dell’azienda statunitense Chevron - una revoca voluta dallo stesso Trump - non ha fatto altro che minare ulteriormente le esportazioni petrolifere del Paese sudamericano.
Cina
Se il Venezuela ha ridotto drasticamente il suo peso energetico sull’isola, Cuba ha dovuto guardarsi altrove: non certo agli Stati Uniti, che proseguono un embargo - un insieme di forti restrizioni commerciali e finanziarie - che arriva direttamente dal 1960, dai tempi della Rivoluzione Cubana guidata da Fidel Castro ed Ernesto Guevara.
Chi sta provando a inserirsi sull’isola è la Cina: da qualche anno sta investendo in maniera massiccia sull’isola, in un’azione di soft power che assomiglia ai movimenti effettuati in Africa già dall’inizio dello scorso decennio.
Attraverso la modernizzazione delle centrali, la fornitura di pannelli solari e turbine eoliche, ma anche attraverso altre azioni come la donazione di nuovi autobus: oggi, infatti, non è raro vedere le strade cubane costellate di autobus cinesi, in un momento storico in cui l’intero sistema di trasporto pubblico è collassato.
La distanza minima tra Cuba e la costa della Florida è di soli 144 km: qualsiasi movimento cinese sull’isola sarà da attenzionare attraverso le risposte e le azioni degli USA.
Iniziative private
Lo specchio della grave situazione economica - una delle peggiori dall’epoca di Castro - è rappresentato dalle iniziative dei privati. Il Partito Comunista di Cuba, al potere, controlla gran parte delle risorse economiche del Paese, attraverso diverse sigle e imprese statali.
Allo stesso tempo, però, i lavoratori versano in condizioni infime: lo stipendio medio di un dottore cubano supera, di poco, i 30-35 euro mensili. Per quasi tutte le categorie lavorative, gli stipendi sono fissati dal regime comunista.
A fianco della statalizzazione cubana, sta emergendo sempre di più il valore dell’iniziativa privata autorizzata, connotata con l’aggettivo “particulare”.
Le due forme più note sono le “casas particulares” e “taxi particulares”: abitazioni e servizi di trasporto privati che vengono sfruttati dai proprietari per arrotondare i propri salari, offrendo un’alternativa al turismo gestito da imprese statali e al trasporto pubblico che, come abbiamo detto, è in grave difficoltà. Oggi, a Cuba, è frequente vedere le persone aspettare diverse ore l’arrivo di un autobus pubblico, a meno di affidarsi proprio ai mezzi privati.
Chiaramente, spopolano anche le iniziative non autorizzate: se il tasso di cambio fissato dal governo prevede 1 euro = 120 pesos cubani (CUP), i turisti possono affidarsi ai privati per arrivare a un tasso di cambio informale che arriva fino a 300-350 CUP.
A ciò si aggiunge anche l’enorme mole di merci contrabbandate a Cuba, a partire dai sigari.
Novecento
Le recenti difficoltà in campo elettrico si inseriscono in contesti urbani e di campagna che testimoniano come Cuba sembra appartenere ancora al secolo scorso.
Dopo la fuga del dittatore filo-americano Fulgencio Batista nel 1959, l’insediamento di Fidel Castro e del nuovo governo coincise con la nazionalizzazione di tutte le proprietà straniere sull’isola, secondo i principi del socialismo reale.
Da lì arrivò la forte risposta degli USA, ancor più incentivata dall’imminente crisi dei missili di Cuba che portò USA e URSS a un passo dallo scontro: un embargo che ha fortemente limitato la crescita e la modernizzazione dell’isola, che nei decenni di dittatura si è prima affidata al regime sovietico, poi a un modello economico centralizzato che non ha generato ricchezza nella popolazione.

Il bloqueo statunitense - parzialmente ridotto sotto l’amministrazione Obama, ma poi ristabilito con le presidenze successive - e l’autoritaria impronta comunista hanno reso il PIL di Cuba in costante stallo e fatto lievitare i prezzi, con l’impossibilità di accrescere il volume di import-export e il movimento turistico in forte calo dalla pandemia.
Per via della crisi economica e alimentare, molti giovani lasciano il Paese: la popolazione è in costante calo a partire dal 2016, e dal 2018 al 2023 si stima che il volume di esportazioni di Cuba sia calato di circa 500 milioni di dollari statunitensi.
Presa diretta
La testimonianza della Cuba odierna, nelle parole di Giampaolo Consiglio:
Quello che si sente sui sorrisi cubani è vero: catturano, contagiano e trasmettono felicità. Apparente felicità, come scoprirò da lì a poco.
La conversazione trascende da un banale scambio di battute tra due ragazzi provenienti da mondi diametralmente opposti a una conversazione che mi lascerà più di quanto non l’abbia fatto l’intero viaggio a Cuba: Alejandro cambia espressione, conferma che i cubani ridono sempre perché “somos payasos que rien por fuera para llorar por dentro”.
Si identifica e identifica tutto il popolo cubano in “pagliacci”, costretti a interpretare un ruolo con il compito di sorridere, quasi fosse un lavoro. Dice che ridono fuori per non piangere dentro.
La luce che va e la luce che viene, non si sa quando ritorna la corrente: i più fortunati hanno un campanello che avvisa che l’elettricità è tornata e può tornare a lavarsi con acqua calda, cucinare, mettere in carica il telefono.
Se è vero che la vita è luce, da qualche tempo a Cuba hanno dovuto rivedere uno dei proverbi più famosi al mondo: finché non c’è luce, non c’è speranza.
🇨🇺🇨🇺🇨🇺
E per finire
La foto più /aesthetically pleasing/ vista di recente:

La puntata di Mappe da rileggere: avevamo parlato di petrolio ed equilibri geopolitici sudamericani anche nella puntata su Guyana 🇬🇾.
Alcuni articoli letti in questi giorni:
Come sta aumentando la criminalità nei Caraibi, su Inside Over
Una bella puntata che racconta Paul Auster, nella newsletter Antiterra
Il ricordo del mese senza elettricità a Barcellona, nel 1919, nella newsletter Ibérica
Come van der Poel e Pogacar stanno cambiando il ciclismo, su L’Ultimo Uomo
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: quando esce un qualsiasi prodotto multimediale che coinvolge il giornalista sportivo Federico Buffa, quel prodotto multimediale diventa automaticamente imperdibile. Anche il PoretCast.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Nelle ultime ore, il gruppo armato yemenita degli Houthi ha attaccato l’aeroporto israeliano di Ben Gurion con un missile balistico.
Dall’inizio dei recenti attacchi di Israele verso Gaza, gli Houthi - alleati dell’Iran nello scacchiere mediorientale, e dunque opposti al ruolo geopolitico di Israele sostenuto dagli USA - hanno reso il Corno d’Africa e lo stretto di Bāb el-Mandeb un teatro di forte instabilità.
Ne avevamo parlato nella puntata su Gibuti 🇩🇯, piccolo Paese africano che dista solo 40 km - via mare - dalla costa arabica dello Yemen.
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Grazie e a presto!
Sono stato 2 volte a Cuba. Impossibile non innamorarsene. Piange il cuore per come hanno ridotto quella splendida gente. Ad maiora.
Intravedo una sottile critica nei confronti del Poretcast? 😄