Dieci anni senza pace
#107 Mappe - Yemen 🇾🇪: gli Houthi contro Israele e USA, e la decennale guerra civile interna contro l'Arabia Saudita.
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Civili
Fino a sabato sera, l’incipit di questa puntata recitava così: “Per distrarmi dall’avvicinamento alla finale di Champions League, proviamo a parlare di Yemen”.
Da domenica l’incipit si è trasformato in questo: “Per non pensare all’esito della finale di Champions League, proviamo a parlare di Yemen”.
Da diversi mesi, in realtà, c’erano tutti i presupposti per scrivere di Yemen 🇾🇪: un Paese che occupa l’estremità meridionale della Penisola arabica, affacciato sullo stretto di Bāb el-Mandeb di cui avevamo scritto nella puntata su Gibuti.
Lo stretto appena menzionato è fondamentale: proprio nel punto di collegamento tra l’Oceano Indiano e il Canale di Suez, gli Houthi - gruppo militare sciita dello Yemen - hanno intensificato una serie di attacchi contro le navi statunitensi che entrano nel Mar Rosso, dalla fine del 2023.
Da poche settimane, USA e Houthi hanno trovato un accordo per un cessate il fuoco.

Serve accendere una luce sullo Yemen perché, negli ultimi giorni, abbiamo assistito all’ennesimo capitolo di un conflitto che coinvolge i civili.
Come se non bastasse quanto già osserviamo da tre anni sui territori ucraini e palestinesi, tre giorni fa Israele ha bombardato un aereo della Yemenia Airlines direttamente nell’aeroporto della capitale Sana’a, controllata dagli Houthi.
Nel video qui sotto, che ha destato molto scalpore, si vedono i passeggeri evacuare poco prima dell’attacco orchestrato da alcuni aerei israeliani:
Asse della Resistenza
La centralità geopolitica degli Houthi è aumentata a partire dagli ultimi conflitti nella Striscia di Gaza, ripresi a ottobre 2023.
Gli Houthi governano da circa dieci anni le aree più cruciali del territorio yemenita, e sono parte integrante del cosiddetto “Asse della Resistenza”: è formato da Iran, Libano con Hezbollah, Palestina con Hamas, Siria, Iraq e, appunto, la porzione nord-occidentale yemenita governata dagli Houthi.
Questo agglomerato mediorientale condivide posizioni anti-imperialiste, si oppone a Israele, all’Arabia Saudita e all’intervento degli USA nell’area.
Gli attacchi degli Houthi nello stretto di Bāb el-Mandeb avevano creato diversi problemi all’inizio del 2024: per settimane, alcune compagnie avevano evitato di far transitare le proprie navi commerciali in un’area da cui passa circa il 12% delle merci globali.

Houthi e Arabia Saudita
I conflitti tra Houthi e Arabia Saudita, invece, arrivano direttamente dalla guerra civile che ha dovuto affrontare lo Yemen nel 2014.
Le insurrezioni del gruppo Houthi contro il governo arrivano dal lontano 2004, ma si intensificano nel settembre del 2014 con il controllo militare della capitale Sana’a. Da lì nasce lo scontro armato contro le forze governative in difesa del presidente ʿAbd Rabbih Manṣūr Hādī, aiutato dall’immediato intervento delle forze saudite.

Gli scontri tra le forze governative e gli Houthi che volevano spingersi più a Sud, di fatto, non si sono mai fermati: solo dal 2022 Houthi e Arabia Saudita hanno intrapreso dei dialoghi bilaterali, ma ancora non è stato firmato alcun documento. Dall’inizio delle ostilità, stando ai dati condivisi dall’UNDP - United Nations Development Programme - sono morte circa 350.000 persone, e oltre 5 milioni versano in condizioni di emergenza alimentare.
Controllando gli accessi al Mar Rosso e la capitale, gli Houthi sono oggi la formazione politica e militare più potente sul territorio yemenita.
A fronte delle loro crescenti operazioni militari dal finire del 2023, gli Houthi sono stati oggetto di un severo bombardamento statunitense all’inizio del 2024, così come di continui attacchi aerei da parte di Israele.
Dieci anni senza pace
Anche nel 2025, lo Yemen si conferma tra i dieci Paesi più poveri del mondo: una diretta conseguenza della crisi umanitaria creata dalla guerra civile, nell’ultimo decennio.

La milizia yemenita è alleata con l’Iran, il principale alleato sciita della regione - gli Houthi hanno lanciato missili contro Israele praticamente in contemporanea con il primo attacco iraniano verso Netanyahu - ma sta anche cercando di diversificare i propri rifornimenti bellici, stringendo accordi con Russia e Somalia.
Di fatto, da dieci anni in Yemen si guarda solo all’aspetto bellico mentre quello civile e umanitario è lasciato in disparte: come scrive Intersos, oltre l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e nel 2025 oltre 17 milioni di persone sperimenteranno una “condizione di insicurezza alimentare”.
🇾🇪🇾🇪🇾🇪
E per finire
La foto più /aesthetically pleasing/ vista di recente:

La puntata di Mappe da rileggere: parlando di conflitti in Medio Oriente, la puntata sul Libano 🇱🇧 e sulla guerra decennale tra Israele ed Hezbollah.
Alcuni articoli letti in questi giorni:
Cinque grossi problemi delle carceri italiane, su Il Post
L’estremismo nichilista che si propaga negli USA, sulla newsletter Complotti!
Come sarà il futuro di YouTube, sulla newsletter Scrolling Infinito
I giornalisti investigano anche grazie a Strava, sulla newsletter GIJN
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: la puntata del podcast Globo in cui si parla dell’ascesa del gruppo armato Houthi in Yemen.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Mi piacciono tutte le puntate, ma col tempo mi affeziono ad alcune più delle altre. Tra queste, c’è sicuramente quella sul Ghana 🇬🇭 e su tutte le problematiche legate al fast fashion.
In Ghana arrivano, ogni settimana, 15 milioni di vestiti: in parte vengono “digeriti” dal mercato di Kantamanto, ma molti altri finiscono nella gigantesca discarica di Kpone, a pochi passi dalla capitale Accra.
Negli ultimi giorni ho scoperto una docu-serie realizzata da Will Media e Sky Italia: si chiama “Junk, armadi pieni” e parla di tutte le criticità che coinvolgono la filiera mondiale della produzione di vestiti. Sei episodi che parlano di Cile, Bangladesh, Indonesia, India, Veneto e anche Ghana.
Qui sotto puoi recuperare la puntata sul Paese africano, insieme alla giornalista del Corriere della Sera Micol Sarfatti:

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