Cosa ci ha detto Porto Rico
#81 Mappe - Porto Rico 🇵🇷: le elezioni degli USA viste da Porto Rico, la crescita in Trump in minoranze etniche come quella ispanica.
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Lo scorso anno la doppia uscita di Barbie e Oppenheimer aveva catturato la mia attenzione: il movimento ‘Barbenheimer’ era impossibile da ignorare e così ci eravamo buttati a capofitto qui su Mappe, “giocandoci” gli USA 🇺🇸 a un anno di distanza dalle elezioni.
Mappe - come recita il suo statuto - non può trattare dello stesso Paese più volte a eccezione del Libano: per parlare delle elezioni americane, oggi, viene in soccorso il Paese caraibico più vicino agli USA.
La sorpresa di ottobre
Le elezioni americane - quelle che hanno appena visto il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America - sono, da sempre, dense di terminologie particolari, con sfumature fatte su misura per quello che è l’evento politico dell’anno, ogni quattro anni.
Tra queste, c’è la cosiddetta “sorpresa di ottobre”: un possibile evento o gaffe che accade a poche settimane di distanza dal martedì di novembre in cui si vota, dopo il primo lunedì del mese. Un agente di caos che può indirizzare, di qualche punto percentuale, l’andamento del voto.
Successe così nel 2016, quando Hillary Clinton - candidata democratica e opposta proprio a Donald Trump - venne coinvolta nella riapertura di un’indagine su un suo indirizzo mail privato. Il giorno successivo al risultato elettorale l’FBI rivelò di non aver rilevato alcun capo d’accusa imputabile alla Clinton, e sappiamo come finirono quelle elezioni.
Anche quest’anno, a pochi giorni dal voto, abbiamo pensato di assistere alla sorpresa di ottobre. Il 27 ottobre, durante un comizio di Trump e trumpiani al Madison Square Garden, l’arena più popolare degli USA, il comico Tony Hinchcliffe si era espresso in questi termini su Porto Rico:
Porto Rico
Un comizio trumpiano ricco di misoginia e razzismo non fa più notizia: anche nell’evento al Madison Square Garden, il pattern non è cambiato.
Un affronto così diretto a Porto Rico, però, non si è disperso nei reportage dell’evento e, anzi, ha fatto discutere fin da subito.
Definito “island of garbage” - isola galleggiante di spazzatura - dal comico filo-trumpiano, Porto Rico è uno Stato affiliato agli Stati Uniti: è ufficialmente un Paese libero, non ancora incorporato dagli USA, un arcipelago che si trova nel nord-est del Mar dei Caraibi.
Pur essendo uno Stato libero “associato”, in realtà il volere dei portoricani è quello di diventare il 51° Stato Federato degli USA: attualmente è in corso di esaminazione un disegno di legge - alla Camera e al Senato - che dovrebbe portare Porto Rico sotto la federazione degli Stati Uniti.
Porto Rico è qualcosa di più di uno Stato a metà: già oggi non è *davvero* indipendente, è soggetto alla legislazione federale statunitense e i suoi abitanti posseggono la cittadinanza statunitense da oltre un secolo. L’import-export è direttamente controllato dagli USA, e sul territorio di Porto Rico sono presenti quattro basi militari statunitensi.
In virtù di questa estrema vicinanza, le parole di Hinchcliffe potevano rappresentare un grande autogol in ottica elettorale.
Ispanici
Porto Rico ha poco più di 3 milioni di abitanti: la maggior parte sono chiaramente portoricani, che ritroviamo, però, in volumi ancora maggiori negli Stati Uniti.
Ci sono, infatti, 5.8 milioni di portoricani emigrati nel corso degli anni e residenti negli Stati Uniti: quella portoricana è la seconda comunità ispanica più numerosa negli USA, dopo quella messicana. In totale, gli ispanici sono circa il 19% dell’intera popolazione statunitense, con il 60% rappresentato da bianchi e il 12% circa da afro-americani.
La maggior parte dei portoricani negli USA vive a New York, ma - come scrive Politico - quasi 1 milione di portoricani vive nei cosiddetti Swing States: i sette Stati Federati - Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Georgia, North Carolina, Arizona e Nevada - ritenuti cruciali per capire dove si sarebbero direzionate queste elezioni.
Quasi 500mila portoricani in Pennsylvania, oltre 100mila in North Carolina e Georgia: fin da subito, si è pensato che l’uscita di Hinchcliffe potesse avere degli effetti piuttosto significativi sul voto in questi sette Paesi.
Il voto latinoamericano
Il voto è andato diversamente: piuttosto distante da quanto ventilato dai sondaggi, decisamente distante da quanto suggerivano gli echi derivanti dall’evento al Madison Square Garden.
Il candidato repubblicano Donald Trump ha conquistato 312 grandi elettori, al cospetto dei 226 di Kamala Harris.
Per quanto riguarda gli Swing States, Donald Trump ha vinto in tutti e sette gli Stati: un esito tutt’altro che scontato, ma ci si attendeva che tutti - o quasi tutti - gli Swing States potessero assomigliare nei comportamenti di voto, e così è stato.
Tornando a ispanici e portoricani, il cosiddetto “effetto Porto Rico” non si è fatto sentire. Sommando il commento di Hinchcliffe alla grossa opposizione di Trump per l’immigrazione che giunge dai Paesi dell’America Centrale verso gli USA - ne abbiamo parlato nella puntata sulla Costa Rica -, i dati demografici del voto sono sorprendenti.
Il simbolo è Starr County, una contea del Texas: dei suoi oltre 60mila abitanti, il 97% sono latinoamericani. La contea aveva visto una prevalenza democratica fin dal 1896, e per la prima volta da più di cento anni i Repubblicani hanno ottenuto la maggioranza dei voti (il 57%). Per intenderci, nel 2016 la candidata Dem Hillary Clinton aveva ottenuto il 79%, Trump il 19%.
Parliamo di un’inversione a U che si è riflettuta in tutto il Paese: pur parlando di immigrati come di animali, o di mangiatori di cani e gatti, Trump ha guadagnato consensi fra quasi tutte le minoranze tecniche.
Questo andamento conferma una delle tante tesi che hanno tenuto banco e per la quale il tema centrale di queste elezioni era l’economia, in seguito alla crescita dell’inflazione nel quadriennio di Biden, ancor prima del diritto all’aborto e di questioni maggiormente identitarie.
Gli exit poll di NBC mostrano una maggior eterogeneità del voto ottenuto dai Repubblicani, rispetto a quattro anni fa: la popolazione latino-ispanica è aumentata di tredici punti percentuali per i Repubblicani, di quattro quella asiatica.
Insomma, nessun “effetto Porto Rico”: anzi, nel caso in cui Porto Rico - come sembra - diventi il 51° Stato Federale degli USA nel giro di pochi anni, le prossime elezioni vedranno la comunità ispanica in un ruolo ancor più decisivo.
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E per finire
La foto più aesthetically pleasing vista di recente:
Alcuni articoli interessanti letti in questi giorni: l’assurdità della sospensione di Christian Raimo su Lucy; le aggressioni di Amsterdam e i tifosi del Maccabi Tel Aviv su Inside Over; un’intervista per capire il futuro di Elon Musk su Fanpage; l’apparente disinteresse di Trump per l’Africa su Internazionale;
La puntata di Mappe da recuperare: sull’Arabia Saudita 🇸🇦, il progetto Saudi Vision 2030 e The Line, la città del futuro che ha subito diversi rallentamenti;
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: La geopolitica dello spazio. Un podcast di Radio 24 sulle complessità dietro alla corsa allo spazio:
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Questa settimana, a Torino, arrivano le ATP Finals maschili di tennis: Jannik Sinner ci arriva da favorito e da numero uno del mondo, nella classifica ATP. Il suo anno si era aperto così: in Australia 🇦🇺 e con il primo titolo Slam.
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Domanda: ma visto il tuo statuto, dobbiamo preoccuparci per il futuro di questa newsletter quando finiranno i paesi?
PS: manca il link al numero sull'Arabia Saudita