L'unico viaggio di Joe Biden in Africa
#89 Mappe - Angola 🇦🇴: un presidente americano non si recava in Africa dal 2015, in Angola dal 1975. C'entrano il Corridoio di Lobito e le materie prime.
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È lunedì 20 gennaio e stai leggendo la puntata numero 89: anche questa volta parleremo di storie, culture e persone. Un Paese alla volta.
In particolare, parleremo di un viaggio: la prima e unica trasferta africana di Joe Biden, che proprio oggi - in occasione dell’insediamento alla presidenza degli USA di Donald Trump - vede chiudersi il suo quadriennio come presidente degli Stati Uniti d’America.
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Cina-USA
Le particolari attenzioni cinesi per l’Africa sono note da tempo: ne abbiamo parlato nella puntata su Gibuti, fanno parte del grande progetto della Nuova Via della Seta con cui la Repubblica Popolare Cinese vuole instaurare nuovi rapporti commerciali e strategici con decine di Paesi in giro per il mondo.
Attraverso investimenti a fondo perduto e prestiti ingenti - tornati a crescere per la prima volta nel 2023 -, il principale focus del progetto continua a essere l’Africa: per la facilità con cui governi africani in difficoltà accolgono a braccia aperte la presenza straniera, per le immense risorse di materie prime di cui sono ricoperti i Paesi africani - ad esempio, il cobalto in Congo -.
Se a Gibuti le basi militari estere di USA e Cina sono distanziate da soli 13 km, nella maggioranza dei Paesi africani le strategie di soft power cinese non stanno trovando negli USA un forte e concreto avversario.
Ecco perché il viaggio con cui Joe Biden si è recato in Angola, nei primi giorni dello scorso dicembre, è stato ricco di simbolismo: è stato il primo presidente americano ad atterrare a Luanda, la capitale, dal 1975; il primo leader statunitense a recarsi sul suolo africano dal 2015, quando Barack Obama giunse in Etiopia - anche in quel caso, per la prima volta nella storia del Paese -.
Tra simbolismo e business
Oltre al simbolismo, c’è anche un interesse strategico non trascurabile che guarda proprio verso la Cina.
Come ha affermato l’ambasciatore cinese in Angola, Zhang Bin, sul finire del 2024 il valore degli investimenti delle compagnie cinesi nel Paese africano ha superato i 24 miliardi di dollari: l’Angola, inoltre, resta indebitata con la Cina - come tanti altri Paesi del continente - per circa 20 miliardi di dollari.
In tal senso, la visita di Biden mostra come il presidente del Paese João Lourenço e il partito Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola siano tornati a rivolgere gli occhi a Occidente, dal nuovo mandato presidenziale del 2023.
Gli eccessivi indebitamenti con la Cina e una presenza della Russia sempre più in calo, invischiata nelle risorse destinate alla guerra in Ucraina, hanno portato l’Angola e gli USA a un riavvicinamento. Nella visita di Biden - anche con qualche gaffe -, si è parlato di sicurezza alimentare e, soprattutto, del Corridoio di Lobito.
Corridoio di Lobito
L’infrastruttura più significativa dell’Africa australe, uno dei simboli della centralità delle materie prime presenti su territorio africano: il Corridoio di Lobito è un’autentica ferrovia dove minerali e materie prime corrono tra il porto angolano di Lobito e le regioni Katanga e Copperbelt, rispettivamente in Repubblica Democratica del Congo e Zambia.
Un po’ come avviene con il cosiddetto treno del ferro in Mauritania, o la ferrovia che conduce dal porto di Doraleh, in Gibuti, ad Addis Abeba, in Etiopia: centinaia di km dove vagoni densi di cobalto e altre materie prime “critiche” viaggiano grazie agli interessi e investimenti stranieri.
Proprio da un comunicato stampa dell’ambasciata statunitense in Angola si legge:
President Biden will also focus on highlighting one of his signature initiatives, the investment of the Lobito Corridor. Many of you will know that Lobito Corridor is a regionally led effort that the U.S. along with European and private-sector partners have supported through strategic investments.
Gli ulteriori 560 milioni di dollari di investimento promessi da Biden vanno nella direzione di rendere i 1.300 km della tratta trans-africana sempre più europei e americani.
Il Corridoio di Lobito, infatti, si regge sulla storica Ferrovia del Benguela realizzata a inizio XX secolo, per collegare le miniere del Congo con la costa atlantica; al termine della guerra civile angolana, nel 2002, un piano di investimenti cinesi di 1,8 miliardi di dollari permise la ristrutturazione della tratta, ma senza raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2014.
Dopo il fallimento del piano della Chinese Railway Construction Corporation - la stessa che aveva supportato la costruzione della ferrovia Gibuti-Etiopia e che sovvenziona diverse opere ferroviarie di questo tipo in Africa -, dal 2022 Angola, Zambia e Repubblica Democratica del Congo si sono affidate a un consorzio europeo composto da tre aziende multinazionali: la svizzera Trafigura, la portoghese Mota-Engil e la belga Vecturis.
Oggi è questo consorzio europeo a essersi assicurato una concessione trentennale per la completa ricostruzione della tratta ferroviaria, con la partecipazione dell’Unione Europea e degli stessi USA a valle di un Memorandum d’Intesa - qui puoi leggere il documento originale - e di un progetto che rientra tra le strutture finanziate dal Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) del G7.
Materie prime critiche
Per farla breve, la visita di Biden di dicembre è l’ennesimo tassello di un progetto che coinvolge il Corridoio di Lobito e l’Angola intera, intenta a orientarsi più verso l’Occidente e non soltanto verso la Cina.
Come nel caso di tante altre realtà africane, l’importanza del Corridoio di Lobito si legge attraverso ciò di cui dispone l’Angola: a lungo dominio portoghese - oggi il portoghese è la lingua ufficiale - e indipendente soltanto dal 1975, è tra i primi venti Paesi al mondo per produzione di petrolio ma è soprattutto una grande potenza mineraria.
Oggi, l’Angola è tra i tre maggiori produttori di diamanti dell’Africa e si stima che abbia scoperto soltanto il 40% dei propri territori con diamanti.
Se a ciò aggiungiamo il rame dello Zambia - che rappresenta il 60% delle esportazioni del Paese negli ultimi vent’anni - e l’incredibile ricchezza mineraria del Congo - da solo soddisfa il 60% del fabbisogno mondiale di cobalto, fondamentale per le batterie di auto elettriche e diversi device portatili -, si capisce bene perché il Corridoio di Lobito sia stato e sia tuttora estremamente strategico per tutti gli attori in gioco.
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E per finire
La foto più /aesthetically pleasing/ vista di recente:
La puntata di Mappe da rileggere: una puntata strana su un Paese singolare, ma affascinante. Una backroom dadaista: il Turkmenistan 🇹🇲.
Alcuni articoli letti in questi giorni:
Il Vendée Globe, il giro del mondo in barca a vela in solitaria, su Il Post
Un bel pezzo di riflessione attorno a “M. Il figlio del secolo” e alla serie tv su Mussolini, su Lucy sulla Cultura
Prima recupera la puntata sul Turkmenistan. Se ti è piaciuta, puoi scoprire in questo pezzo di Pietro Minto cosa sono le backrooms, su Rivista Studio
Un anno dopo il limite dei 30 km/h a Bologna e gli ottimi risultati, su Il Colore Verde
Il podcast da ascoltare mentre sei in coda: non abbiamo quasi mai parlato di cinema da queste parti, e mi prendo tutte le colpe. Quindi ti consiglio Noodles, il podcast di cinema di Ilaria Mencarelli e Giuseppe Pastore.
Qualche settimana dopo
Una nuova mini-rubrica in cui, dopo un po’ di tempo, facciamo un follow-up su uno dei Paesi e temi trattati nelle precedenti puntate.
Continua la guerra civile in Sudan 🇸🇩: si è riaperta nell’aprile del 2023, ne abbiamo scritto qui su Mappe pochi giorni dopo. Continua senza soluzione di sosta, dimenticata dai disattenti occhi internazionali.
Il conflitto civile è nato attorno alla capitale Khartoum e prosegue dopo aver già mietuto decine di migliaia di vittime, in un Paese con quasi 50 milioni di abitanti.
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